Nel 1982 si formò a Torino un gruppo che si battezzò, proprio in omaggio al personaggio di De Amicis, Franti. Gruppo fieramente indipendente autore di sonorità post-punk e free-jazz nobilitate dalla splendida voce di Lalli.
Rumori, interferenze, scariche elettrostatiche e altro
Nel 1982 si formò a Torino un gruppo che si battezzò, proprio in omaggio al personaggio di De Amicis, Franti. Gruppo fieramente indipendente autore di sonorità post-punk e free-jazz nobilitate dalla splendida voce di Lalli.
L’Università della Georgia ha sede ad Athens, piccola cittadina a un centinaio di chilometri da Atlanta. Il vivace ambiente del college ha visto sul finire degli anni ottanta nascere band importanti come i R.E.M. e i B-52’s ma anche i meno famosi Pylon. I Pylon esordiscono con il singolo Cool/Dub nella primavera del 1980. Nello stesso anno pubblicano il primo LP Gyrate seguito, tre anni dopo, dal secondo e ultimo Chomp. La band si scioglie pochi mesi dopo.
Nel 1985 saranno omaggiati dagli stessi R.E.M. che pubblicano la loro Crazy come B-side del singolo Driver 8.
La prima cosa che si notava dei Living in Texas (inglesissimi a dispetto del nome) era Mathew Fraser, il batterista. Focomelico, aveva due buchi nelle maniche della maglietta per afferrare meglio le bacchette, ma nonostante l’handicap fisico suonava con incredibile agilità. La loro passione per la musica ebbe la meglio per qualche anno sul loro status di morti di fame e anche di freddo, come ricorda chi li vide in azione a Firenze e a Genova nel freddo inverno dell’85. La loro interessante miscela di post-punk e goth-rock si esaurì in pochi album e diversi singoli ed EP tuttora di difficile reperibilità anche in rete. Un ingeneroso silenzio sulla band e sui suoi componenti fatta eccezione per Mat Fraser che negli ultimi anni si è ritagliato il ruolo di attore e performer (inclusi improbabili strip-tease in cui si stacca le protesi alle braccia).
1977. I Pink Floyd non ci sono più da un pezzo. Voi direte che nel ’77 hanno pubblicato per l’etichetta Harvest Animals e due anni dopo anche The Wall, ma quelle sono solo le nevrosi in musica di Roger Waters. Sono anche grandi dischi ma dischi di musicisti in gabbia, i ruggiti innocui di bestie allo zoo.
Fuori invece accade altro, esplodono i disordini non solo musicali del punk.
Ogni casa discografica cerca di accaparrarsi qualche nuova band. La Harvest ci prova con questo quartetto uscito dalla scuola d’arte di Watford. I critici, poveri scemi, li ribattezzano Punk Floyd per sottolineare l’assenza nei Wire della purezza punk. Non si sono accorti che i Wire non sono punk. Ed è più facile trovare tracce barrettiane qui che altrove (sentitevi l’inizio di French film blurred). I Wire sono andati già oltre: Pink Flag, Chairs Missing e 154 sono tre dischi uno più bello dell’altro (senza contare A-Z l’esordio solista del cantante Colin Newman).
Purtroppo chi scrive difficilmente si appassiona alle ultime uscite discografiche. Ben lieto che ogni tanto capitino gelide sferzate in faccia come i dischi degli Algiers. La musica della band di Atlanta è stata definita gospel-punk e l’etichetta mi piace: canzone di protesta, bellissima voce, tritatutto sonoro, new e no wave, elettronica, blues e quant’altro volete.
Splendido il video di Irony. Utility. Pretext, dal disco d’esordio nel 2015, girato in Bulgaria nell’abbandonato palazzo di Buzhludza, costruito negli anni ottanta per celebrare il governo comunista in quella impervia località dove, nel 1891, si consumò una decisiva battaglia contro i turchi.
I Glaxo Babies rappresentano un ramo minore ma ricco di gemme dell’intricato albero genealogico dei gruppi di Bristol. Nati nell’anno del punk pubblicano nel 1980 il loro unico LP Nine months to the disco quando il chitarrista Dan Catsis è già emigrato nel Pop Group e il sassofonista Tony Wrafter ha fondato i Maximum Joy (in cui confluiranno in seguito il batterista Charlie Llewellin e lo stesso Catsis con un altro paio di elementi del Pop Group).
La breve parabola musicale dei Glaxo Babies (o Gl*xo Babies, per l’ostilità dell’omonima ditta farmaceutica) comincia con i primi singoli This is your life, Christine Keeler, Limited entertainment con il cantante Rob Chapman e prosegue con l’allontanamento dello stesso per dare un’impronta più sperimentale e funk al loro post-punk, fino a quell’ultimo Nine months to the disco registrato in un solo giorno. Chiarissime le parole di Wrafter a tal proposito: “Rob was into songs and we weren’t”.
Gli Young Marble Giants durarono il tempo di un disco e una manciata di singoli. L’unico LP Colossal Youth, uscito nel 1980 per la Rough Trade, è composto da brevi brani caratterizzati dalla voce glaciale di Alison Statton, l’organo di Stuart Moxham e il basso del fratello Philip. La batteria elettronica e la quasi assenza della chitarra conferiscono al disco quel tipo di sound che sarà caratteristico del post-punk.
“Kebabträume in der Mauerstadt / Türk-kultur hinter Stacheldraht / Neu Izmir in der DDR / Atatürk der neue Herr / miliyet für die Sowjetunion / in jeder Imbißstube ein Spion / ein ZK-Agent aus Türkei / Deutschland Deutschland / Alles ist vorbei / Wir sind die Türken von morgen” (*)
Quando nel 1961 sulla faccia di Berlino comparve l’oscena cicatrice del muro il quartiere di Kreuzberg diventò un vero e proprio cul de sac. Tre lati su quattro si erano ritrovati ad avere come orizzonte cemento armato e filo spinato. Così Kreuzberg si svuotò e fu presto occupato da immigrati turchi e punk di mezza Europa. Fu in questo clima che nacquero esperienze musicali eterogenee dai D.A.F. ai nostrani CCCP. E fu qui, in Oranienstrasse che sul palco del piccolo locale SO36 passarono i martelli pneumatici degli Einsturzende Neubauten e il sudore e gli sputi di Iggy Pop e Nick Cave.
(*) Sogni di kebab nella città del Muro / la cultura turca dietro il filo spinato / Una nuova Smirne nella DDR / Atatürk è il nuovo dominatore / milita per l’Unione Sovietica / una spia in ogni birreria / un agente del ZK dalla Turchia / Germania, Germania, è tutto finito / Siamo i turchi di domani)
Il post-punk britannico attecchì rapidamente in Francia e Siouxie fu la madrina riconosciuta della scena locale etichettata come cold-wave. A Lille si formò il quartetto dei Guerre Froide che vivacchiò un paio d’anni al principio degli ottanta: un tour, un album (Cicatrice) e un 12″ eponimo. Tempo di guerra fredda e di blocchi contrapposti, forte l’immaginario del Muro e della capitale tedesca divisa, fresca la lezione della trilogia berlinese di Bowie: il 12″ conteneva l’ottima Demain Berlin che in tempi di Youtube è ritornata a galla dando alla band di Yves Royer, Gilbert Deffais, Patrick Mallet e Fabrice Fruchart la celebrità postuma.