Il suono della sabbia
Non pago della modern dance dei suoi Pere Ubu, negli anni ottanta, il pingue cantante David Thomas, arruola il meglio dell’intelligencija musicale per continuare il suo destrutturante programma artistico: Mayo Thompson dei Red Crayola, Richard Thompson dei Fairport Convention, Chris Cutler, John Greaves e Lindsay Cooper degli Henry Cow oltre ad altri ex ubu-iani accompagnano gli spericolati equilibrismi vocali di Thomas. Un’ottima serie di album dove spiccano soprattutto The sound of the sand (1982) e Monster walks the winter lake (1986).
Thirty seconds over Tokyo (Made in Japan #20)
Nella primavera del 1942 Tokyo fu bombardata per la prima volta dai B-25 americani. L’operazione Doolittle non provocò molti danni ma dimostrò la vulnerabilità aerea del Giappone. Nel ’44 la storia del raid statunitense fu trasposta al cinema da Thirty seconds over Tokyo. La pellicola, di manifesta propaganda bellica, vedeva tra gli interpreti anche Spencer Tracy, Robert Mitchum e un giovane Blake Edwards che raggiungerà la notorietà non come attore ma come il regista di Hollywood Party e delle varie Pantere Rosa.
La vicenda ispirerà il primo singolo dei Pere Ubu di David Thomas edito dalla Hearthan nel 1975. Il testo, visionario, racconta il bombardamento della capitale giapponese e la follia della guerra. Il retro del singolo è l’altrettanto evocativo Heart of Darkness. Il capolavoro della band di Cleveland, The Modern Dance, uscirà solo nel ’78 ma già questo singolo, da solo, vale più dell’intera discografia di mille altre band.
Flew off early in the haze of dawn
in a metal dragon locked in time,
skimming waves of an underground sea
in some kind of a dream world fantasy
Sun a hot circle on a canopy,
’25 a racing blot on a bright green sea
Ahead the dim blur of an alien land,
time to give ourselves to strange gods’ hands
Dark flak spiders bursting in the sky,
reaching twisted claws on every side
No place to run,
no place to hide,
no turning back on a suicide ride
Toy city streets crawling through my sights,
sprouting clumps of mushrooms like a world surreal
This dream won’t ever seem to end,
and time seems like it’ll never begin
30 seconds,
and a one way ride
30 seconds,
and no place to hide
30 seconds over Tokyo
I decervellati
Ho letto con gran piacere ‘Alfred Jarry. Una vita patafisica’ di Alistair Brotchie edito da Johan & Levi. Così densa di episodi è la biografia di Jarry al punto che l’uomo confinato in una stanza minuscola con una bicicletta da corsa e una pistola finisce per oscurare le opere del geniale inventore della patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie. E tra le soluzioni trovate dallo scrittore bretone c’è da menzionare sicuramente la macchina per il decervellamento, complicata macchina rotatoria per estrapolare la materia grigia del condannato di turno. Nella ‘Chanson du decervelage’ cantata in Ubu Roi una famigliola va a vedere tra schizzi di sangue e pezzi di cervello che volano per l’aria la macchina in azione. Piacciono le esecuzioni capitali. E c’è da chiedersi a chi manchi il cervello, al decapitando o allo spettatore.
La canzone fu ripresa e tradotta da Vinicio Capossela nel ’93 per lo spettacolo teatrale ‘Pop e Rebelot’ di Paolo Rossi poi incisa dallo stesso comico milanese nel ’94 e inclusa in ‘Hammamet e altre storie’ prima di trovare la versione definitiva nel 2000 tra le ‘Canzoni a manovella’ di Capossela.