Ho letto con gran piacere ‘Alfred Jarry. Una vita patafisica’ di Alistair Brotchie edito da Johan & Levi. Così densa di episodi è la biografia di Jarry al punto che l’uomo confinato in una stanza minuscola con una bicicletta da corsa e una pistola finisce per oscurare le opere del geniale inventore della patafisica, la scienza delle soluzioni immaginarie. E tra le soluzioni trovate dallo scrittore bretone c’è da menzionare sicuramente la macchina per il decervellamento, complicata macchina rotatoria per estrapolare la materia grigia del condannato di turno. Nella ‘Chanson du decervelage’ cantata in Ubu Roi una famigliola va a vedere tra schizzi di sangue e pezzi di cervello che volano per l’aria la macchina in azione. Piacciono le esecuzioni capitali. E c’è da chiedersi a chi manchi il cervello, al decapitando o allo spettatore.
La canzone fu ripresa e tradotta da Vinicio Capossela nel ’93 per lo spettacolo teatrale ‘Pop e Rebelot’ di Paolo Rossi poi incisa dallo stesso comico milanese nel ’94 e inclusa in ‘Hammamet e altre storie’ prima di trovare la versione definitiva nel 2000 tra le ‘Canzoni a manovella’ di Capossela.