Una vita sospesa tra gli opposti e dalle multiple personalità: questo è James Siegfrid, cantante e sassofonista al pubblico noto come leader dei James Chance & The Contortions e dei James White & The Blacks. Oppure dei The Flaming Demonics, o dei James Chance & the Sardonic Symphonics, o ancora dei James Chance and Terminal City. E non meno disturbata e disturbante è la musica sospesa in maniera spericolata tra jazz e no wave, tra Ornette Coleman e James Brown. Ma erano tempi ricchi di incroci impossibili quelli della Grande Mela di fine anni settanta!
Ci sono dischi che si incontrano tardi, quello della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, già contrabbassista del gruppo di Ornette Coleman, l’ho scoperto colpevolmente solo in anni recenti. E’ un disco del 1969, il gruppo è una sorta di big band stellare, ne fanno parte la pianista Carla Bley, suoi la maggior parte degli arrangiamenti, il trombettista austriaco Michael Mantler, il sassofonista argentino Gato Barbieri e poi Don Cherry alla cornetta, Paul Motian alla batteria, Dewey Redman al sax, Roswell Rudd al trombone. Il repertorio del disco attinge a canzoni tradizionali della guerra civile spagnola e ad altre canzoni di protesta della tradizione europea come Song of the United Front di Brecht, di quella afroamericana come We Shall Overcome o ancora War Orphans di Ornette Coleman e Song for Che di Haden ,che rielabora in chiave free l’Hasta siempre di Carlos Puebla.
Ma non aspettatevi né un album di lagnose riletture di canzoni andaluse né il free-jazz più cervellotico e di oscura interpretazione: questo è un gran disco che riesce a conciliari due mondi e due linguaggi apparentemente lontanissimi.