Mom’s è una compilation del musicista d’avanguardia Carl Stone, classe 1953, allievo di Morton Subotnick dopo aver cominciato a fare jazz-rock con il futuro mito della musica industriale Z’EV. Attivo per molti anni tra San Francisco e Tokyo, Stone è un manipolatore di suoni, tra collage, field recordings e frequenti incursioni nella musica tradizionale giapponese.
Il polistrumentista francese Yann Tiersen incide il suo primo album a 25 anni, nel 1995, ma raggiunge vasta notorietà solo nel 2001 quando compone la colonna sonora del film Il favoloso mondo di Amélie del regista Jean-Pierre Jeunet. Molti dei brani di quella colonna sonora erano stati editi già nel 1998 nell’album Le phare (distribuito in Italia dal Consorzio Produttori Indipendente di Gianni Maroccolo & Co.). Non a caso l’album era intitolato così: nella musica di Tiersen il mare è fonte costante di ispirazione. Lo stesso artista vive nell’isola di Ouessant (Ognissanti, Eusa in bretone), punto più occidentale della Francia, all’ingresso del canale della Manica in un tratto pericoloso di mare dove sono collocati vari fari. Nel 2016 Tiersen ha registrato l’album Eusa dove un pianismo minimale si sovrappone ai field recordings catturati in vari punti della suggestiva isola.
Le immagini di Koyaanisqatsi, film-documentario presentato per la prima volta nella primavera del 1982 del regista Godfrey Reggio, sono sottolineate dal solo commento sonoro di Philip Glass. Il minimalismo del compositore statunitense permea completamente la pellicola priva di dialoghi e trama e dove la chiave interpretativa va cercata nella parola hopi, la lingua degli amerindi dell’Arizona che vuol dire vita tumultuosa ed è quindi un invito a cercare un altro stile di vita.
La colonna sonora esce una prima volta nel 1983 ma solo con una parte delle musiche presenti nel film. La versione completa sarà edita solo nel 2009.
Gli australiani Necks, Chris Abrahams al pianoforte, Tony Buck alla batteria e Lloyd Swanton al basso, suonano e incidono insieme da quasi trent’anni: l’album d’esordio, Sex, è infatti del 1989. I loro dischi sono quasi sempre formati da un’unica traccia estesa, un lungo flusso sonoro che si snoda attorno una primigenia linea melodica. I critici tirano in ballo il minimalismo e il jazz, di fatto, i tre, sono capaci di creare territori sonori in cui l’ascoltatore è rapito come cadendo in una dimensione onirica. Silverwater, del 2009, è uno dei miei album preferiti del trio.
A differenza dell’occhio che può essere chiuso o puntato altrove l’orecchio è esposto e vulnerabile. E’ a questa vulnerabilità che si rivolgeva il suono (e il non suono) di Satoshi Ashikawa, produttore e compositore che licenziò, prima di morire in un incidente, tre dischi per la serie Wave Notation dell’etichetta Sound Process raccolti: Music for Nine Postcards di Hiroshi Yoshimura, Still Way dello stesso Ashikawa e Eric Satie del pianista Satsuki Shibano a reinterpretare brani del musicista di Honfleur. I brani di Still Way per piano, vibrafono, arpa e flauto sono delicati acquerelli sonori sospesi in uno spazio atemporale.
Fare musica d’avanguardia usando gli strumenti del rock. Questa è stata la missione di Glenn Branca, musicista americano, cattivo allievo dei padri del minimalismo tanto da essere etichettato come fascista da John Cage!
Incurante delle critiche Branca ha esplorato a lungo le mille possibilità di estorcere suoni alle chitarre elettriche lavorando su improbabili accordature e scordature sin dall’esordio discografico sulla lunga distanza di The Ascension, nel 1981 con un sestetto composto da Ned Sublette, David Rosenbloom, Lee Ranaldo dei Sonic Youth e lo stesso Branca alle chitarre, Jeffrey Glenn al basso e Stephan Wischerth alla batteria.
Li aspetto, come se fossi uno sciamano, e loro arrivano. Faccio queste frivolezze da molto tempo, le persone mi portano i giocattoli dei loro bambini che poi diventano personaggi veri e propri del mio lavoro, per le installazioni, le sculture, le performance, i video. Li uso come spugne di spiriti che assorbono memorie ed esperienze dell’infanzia che contengono.
Charlemagne Palestine non è solo un eccentrico signore di Brooklyn che si esibisce contornato di pupazzi e pelouches. E’ un grande musicista, pioniere dell’elettronica, allievo di Morton Subotnick, e studioso del gamelan indonesiamo. I suoi primi lavori Four Manifestations on Six Elements (1974) esoprattutto Strumming Music (1977) sonoassolutamente da ascoltare. Strumming è unione di streaming e drumming, un flusso percussivo generato dal pianoforte che crea uno stato di trance.
Jon Hassell nasce nel 1937 a Memphis nel Tennessee, cresce con la musica afro-americana di Stan Kenton e Miles Davis, poi si innamora di Stockhausen. Va in Germania, a Colonia, a seguire i corsi del maestro. Holger Czukay e Irmin Schmidt che da lì a poco fonderanno i futuri Can sono i suoi compagni di corso. Lo vorrebbero con loro ma Jon declina l’invito dichiarandosi poco interessato al rock. E infatti, tornato in patria, prende parte alle registrazioni di In C, il capolavoro di Terry Riley e ad alcuni dischi di LaMonte Young. Inevitabile, dopo aver collaborato con questi due padri del minimalismo, proseguire nello studio della musica indiana e così nel 1972 comincia l’apprendistato con il Pandit Pran Nath. E’ qui che il suono della tromba di Hassell completa la propria metamorfosi trasformandosi nel suono di una conchiglia.
E al culmine di questa metamorfosi Hassell è pronto per quella ‘fourth world music’ di cui si innamoreranno Brian Eno e David Byrne e porterà nel 1981 al fantastico My Life in the Bush of Ghosts (per lo scorno di Jon che a quel disco avrebbe dovuto partecipare).
Ma torniamo indietro a quello che invece è il capolavoro di Hassell e che esce nel 1977: Vernal Equinox. La tromba di Hassell viene trattata elettronicamente e si insinua sul tappeto di percussioni ordite dal brasiliano Nana Vasconcelos e tra sibili di gelidi sintetizzatori.
Pochi giorni fa se ne è andato Pierre Henry, uno dei padri della musica concreta e tra i principali collaboratori dello Studio d’Essai di Pierre Schaeffer. Da lì sono passati quasi tutti i pionieri della musica elettronica e tra questi va annoverata anche Eliane Radigue che vi arriva, poco più che ventenne, nel 1955. Parigina di quel quartiere medievale di Les Halles che oggi non esiste più, iniziata alla musica classica, dai primi esperimenti di musica concreta approderà con gli anni a un minimalismo sempre più personale.
Come L’île re-sonante, una delle sue migliori prove, composta nel 2000 e pubblicata nel 2005.