Mezzi cingolati

Ci si ricorda sempre dei Melvins perché erano di Aberdeen, stato di Washington, la stessa città di Kurt Cobain, e dei loro rapporti con i Nirvana: dal batterista Dale Crover, presente in alcune tracce di Bleach, al frontman Buzz Osborne che presentò Krist Novoselic al biondo cantante assurto poi, suo malgrado, ad agnello sacrificale su cui edificare la rumorosa chiesa del grunge. Ma la stessa musica dei Nirvana, specie agli esordi, deve tanto alla lezione dei Melvins, power-trio dal passo cingolato, un carrarmato che marcia da decenni su ritmi sabbathiani come nel paradigmatico EP Lysol del 1992, un unico flusso di trenta durissimi minuti di musica.

Nomen omen (Made in Japan #13)

La genealogia è chiara. Boris è un brano dei seminali ed imprescindibili Melvins (e non mi dilungo sul fatto che senza il trio di Aberdeen non ci sarebbero stati i Nirvana). Boris è il nome scelto da tre ragazzi giapponesi per il loro gruppo e che esordiranno nel 1996 con Absolutego, un’unica traccia di 65 minuti, un flusso di doom nel nome dei padri putativi.

Il giardino che non c’è più

 

Cinque anni fa scrissi un pesantissimo post contro Chris Cornell che potete leggere sul mio vecchio blog .  Non rinnego in queste ore tragiche quanto scritto: l’amore non ricambiato rende folli, e i Soundgarden erano i miei eroi molto più di ogni altra band di Seattle. E dopo i Melvins i più sabbathiani del lotto (ovviamente nessuno potrebbe essere più sabbathiano dei Melvins!).

La notizia della morte di Cornell mi ha lasciato esterrefatto. Nella mia testa si sono sovrapposti un sacco di ricordi. Cose probabilmente minime ma dense di significati. Come quell’intervista che lessi tanti anni fa in cui Chris Cornell dichiarava di essersi tagliato i capelli per fare un dispetto ai discografici che vedevano nella sua lunga chioma la chiave del successo del gruppo.  RIP Chris!