Lou fa il lo-fi

Il punto più alto (o meglio sarebbe dire più basso) del loro travagliato rapporto di vittima e carnefice si consumò quando il tiranno J Mascis ordinò sadicamente al povero Lou Barlow di urlare a ripetizione e fino allo sfinimento quel “Why don’t you like me?” che chiude l’album Bug, secondo e ultimo capolavoro dei Dinosaur Jr dopo You’re living all over me. I due con il batterista Murph, altra vittima del despota J, avevano ridefinito un nuovo sound chitarristico ipercinetico e dai volumi insostenibili. Scrollatosi di dosso l’ombra pesantissima del chitarrista, Lou cominciò a percorrere tra luci ed ombre la strada del lo-fi con i suoi Sebadoh.

Il terzo sesso

Contacto Espacial con el Tercer Sexo è una girandola di suoni e campionamenti che sono molto più di una stramberia degli anni ’90. Il duo di Camarillo, California, battezzatosi Sukia (dal nome probabilmente di un fumetto erotico di casa nostra) e affiancati dai Dust Brothers, geniali produttori – c’erano loro dietro la consolle di Odelay, uno dei maggiori successi di Beck – sfornano un album che è un divertentissimo miscuglio di exotica, lounge e trip-hop: una maquina del sueno, come cantano in The Dream Machine.

Banditi i sogni (Not All Blacks #2)

L’isolamento di territori come la Nuova Zelanda è stato il presupposto per lo sviluppo di una fauna e una flora completamente autoctona. Musicalmente si potrebbe fare lo stesso discorso: la distanza, enorme in tempi in cui internet era ancora in fase embrionale, ha favorito lo sviluppo di una scena assolutamente originale. Tra i frutti migliori c’è questo This is not a dream dei Dadamah, quartetto che vedeva il chitarrista Roy Montgomery, figura fondamentale della scena musicale neozelandese, affiancato dalla bassista Kim Pieters, la tastierista Janine Stagg e il batterista  Peter Stapleton. Un disco da sonni inquieti dove la psichedelia sixties viene maltrattata alla maniera dei Velvet Underground, il tutto ovviamente registrato in bassa fedeltà.