Compositore capace di spaziare dalla musica seriale a quella sacra, Claude Ballif (1924 -2004), studia negli anni cinquanta a Darmstadt con Pierre Boulez, Bruno Maderna, Luciano Berio, Luigi Nono e Karlheinz Stockhausen. Nei primi anni ’60 avviene l’incontro con il Groupe de Recherches Musicales di Pierre Schaeffer che porterà alla creazione di Étude au ressort e Points, Mouvements, composizioni nate dalla manipolazione di nastri magnetici.
Io una volta a Budapest ho detto per scherzo: “quando morirò, se proprio ci tenete a chiamare qualcosa con il mio nome, dedicatemi una strada sbagliata . Ecco come mi sento io.”
Da bambino Gyorgy Ligeti sognava di diventare scienziato e anche se diventò musicista non dimenticò l’amore per le strutture matematiche e chimiche come la clorofilla che “ha al centro un atomo di magnesio, come un ragno in agguato in mezzo alla ragnatela”. Un musicista capace di spingersi oltre le convenzioni del tempo e guardare oltre, capace di comporre musica elettronica e scioccare il suo pubblico come quando nel ’63 in Olanda mandò in scena la prima del suo Poema sinfonico per cento metronomi’ il pubblico si trovò sul palco dieci esecutori che azionarono cento metronomi! Il pubblico prima restò perplesso in silenzio poi cominciò a protestare. Il concerto, che doveva anche essere trasmesso in televisione, fu sostituito nel palinsesto da una provvidenziale partita di calcio. Ma anche la sua produzione più propriamente classica si è sempre spinta un po’ più in là. Uno come Stanley Kubrick non poteva non innamorarsi di un tale musicista e utilizzerà in più d’uno dei suoi film le composizioni di Ligeti.
Splendida la partitura visuale realizzata negli anni settanta dal graphic designer Rainer Wehinger per la sua Artikulation, composizione elettronica del 1958 realizzata con l’ausilio di Gottfried Michael Koenig e Cornelius Cardew, lo sperimentatore inglese all’epoca assistente di Karlheinz Stockhausen.
Duluth nel Minnesota è famosa per aver dato i natali nel ’41 a un certo Robert Allen Zimmermann meglio noto come Bob Dylan. Anche Michael Ranta nasce a Duluth, nel ’42 ma il suo nome è molto meno noto. Percussionista, studia con Stockhausen in Germania e registra dischi fortemente sperimentali e improvvisati. Nel ’70 registra con l’organista canadese Mike Lewis e il chitarrista tedesco Karl-Heinz Bottner e la supervisione del produttore Conny Plank “diabolus in musica” come viene citato nelle note del LP cinquantatre minuti di musica da cui saranno editate le due lunghe tracce Wired I e II presenti in Free Improvisation pubblicato per la Deutsche Grammophon nel ’74, un triplo LP che includeva anche New Phonic Art e Iskra 1903 e diritto finito nella lista dei Nurse With Wound. Altre registrazioni con i soliti Conny Plank e Mike Lewis vedranno la luce solo in anni recenti. Nel ’75 Ranta si sposta in Giappone dove registra un’altro ottimo disco Improvisation Sep. 75 in compagnia di due musicisti nipponici Toshi Ichiyanagi e Takehisa Kosugi.
Costin Miereaunu nasce nel 1943 a Bucarest e studia musica prima a Parigi epoi a Darmstadt, allievo di Stockhausen e Ligeti. Acquisisce nel ’77 la cittadinanza francese e dal 1981 insegna alla Sorbona. Compositore di musica aleatoria e musica concreta nel 1975 incide per l’etichetta milanese Cramps di Gianni Sassi l’album Luna Cinese, composta da due lunghe tracce, un collage di voci sul lato A del vinile e un minaccioso strumentale sul lato B. Album finito dritto, manco a dirlo, nella lista dei Nurse With Wound.
Sulle note di copertina di Freak Out, il primo album e primo capolavoro di Frank Zappa, compare una lunga serie di ringraziamenti semiseri a personaggi eterogenei da James Joyce a Salvador Dalì, da Sacco & Vanzetti a Lawrence Ferlinghetti fino a non meglio identificati figuri quali Uncle Ed e The Hypnotist. Ma anche tanti bluesman, da Willie Dixon a Slim Harpo e soprattutto compositori d’avanguardia, Varese, Boulez, Stockhausen, Ives e anche l’italiano Luigi Nono.
Quel Luigi Nono che non è stato un coglione. A dispetto di tutte le Anna di Francia del cantautore bolognese Claudio Lolli che così rappresentava lo stato d’animo diffuso in una buona fetta della sinistra nei confronti del compositore d’avanguardia che aveva portato nella sua musica forti istanze politiche sin dall’esordio con Il canto sospeso, basato su frammenti di lettere di condannati a morte della Resistenza, e proseguito con La fabbrica illuminata, dove l’attenzione si spostava alle lotte operaie o con Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, sulla immane tragedia dei campi di concentramento nazisti.
Quando nel 1984 viene dato alle stampe Kühe in 1/2 Trauer il collettivo tedesco P16.D4 è già attivo da sei anni. Anni di passaggio tra l’età dell’oro del krautrock e la Deutsche Neue Welle (la new wave tedesca). Achim Szepanski, Ewald Weber, Gerd Poppe, Ralf Wehowsky e Roger Schönauer assemblano un capolavoro in cui convergono nuove e vecchie tendenze oltre alle istanze avanguardistiche di Stockhausen. Un capolavoro di cui all’epoca, e anche dopo, si accorgeranno in pochissimi. Ascoltare la traccia “He’s Afraid Of The Way The Glass Will Fall – Soon: It Will Be A Spectacle: The Fall Of A Crystal Palace But Coming Down In Total Blackout, Without One Glint Of Light, Only Great Invisible Crashing” per credere.
Jon Hassell nasce nel 1937 a Memphis nel Tennessee, cresce con la musica afro-americana di Stan Kenton e Miles Davis, poi si innamora di Stockhausen. Va in Germania, a Colonia, a seguire i corsi del maestro. Holger Czukay e Irmin Schmidt che da lì a poco fonderanno i futuri Can sono i suoi compagni di corso. Lo vorrebbero con loro ma Jon declina l’invito dichiarandosi poco interessato al rock. E infatti, tornato in patria, prende parte alle registrazioni di In C, il capolavoro di Terry Riley e ad alcuni dischi di LaMonte Young. Inevitabile, dopo aver collaborato con questi due padri del minimalismo, proseguire nello studio della musica indiana e così nel 1972 comincia l’apprendistato con il Pandit Pran Nath. E’ qui che il suono della tromba di Hassell completa la propria metamorfosi trasformandosi nel suono di una conchiglia.
E al culmine di questa metamorfosi Hassell è pronto per quella ‘fourth world music’ di cui si innamoreranno Brian Eno e David Byrne e porterà nel 1981 al fantastico My Life in the Bush of Ghosts (per lo scorno di Jon che a quel disco avrebbe dovuto partecipare).
Ma torniamo indietro a quello che invece è il capolavoro di Hassell e che esce nel 1977: Vernal Equinox. La tromba di Hassell viene trattata elettronicamente e si insinua sul tappeto di percussioni ordite dal brasiliano Nana Vasconcelos e tra sibili di gelidi sintetizzatori.
Scrivo questo post subito dopo aver ricevuto notizia della scomparsa di Holger Czukay. Un altro pezzo di storia della musica che se ne va in punta di piedi.
Holger Czukay nasce a Danzica nel 1938. Studia musica a Colonia sotto la guida di Karlheinz Stockhausen. Insegna a sua volta musica per mantenersi. Nel ’68, un suo allievo, Michael Karoli, di dieci anni più giovane, gli suona “I am the walrus” dei Beatles. E’ una folgorazione. E’ la scintilla che porta alla nascita degli Inner Space Production: Czukay al basso, Karoli alla chitarra, Irmin Schmidt, altro allievo di Stockhausen, alle tastiere e Jaki Liebezeit, che in precedenza suonava freejazz, alla batteria. Più tardi si aggiungerà il cantante Malcolm Mooney che ideerà il nuovo nome del gruppo: CAN. Esaurita l’avventura la fenomenale band tedesca continuerà a produrre dischi in proprio e in compagnia di importanti musicisti come Jah Wobble e David Sylvian.
Ma già prima dell’avventura dei CAN, Czukay aveva firmato un piccolo capolavoro frutto di un’incursione notturna nello studio di Stockhausen. Czukay e l’amico Rolf Dammers una sera aspettano che Stockhausen, che in quel periodo compone Hymnen e Telemusik, esca dall’università di Colonia e prendono possesso della strumentazione tecnica del maestro, l’unica in grado di alterare i tanti nastri registrati dalle radio a onde medie da Czukay: canti vietnamiti, musiche medioevali francesi, musica aborigena australiana, koto giapponese, cori tibetani. Tutto viene incanalato in un unico flusso elettronico, allo stesso tempo futuristico e ancestrale, da cui saranno tratti i due lunghi brani di Boatwoman song e Canaxis.
Holger Czukay e Irmin Schmidt erano allievi di Stockhausen a Colonia quando decisero di formare un gruppo rock reclutando Michael Karoly e Jaki Liebezeit. Il gruppo, inizialmente chiamato Inner Space Production, diventò Can con l’arrivo del cantante Malcolm Mooney.
Gruppo dalla tecnica mostruosa ma ancora dentro gli schemi i Can trovarono, per sostituire Mooney, l’alieno Damo Suzuki.
Varie leggende circolano su come avvenne l’incontro tra il gruppo e il cantante giapponese che da anni girovagava per le comuni hippie d’Europa sostenendosi come artista di strada.
Sta di fatto che la voce di Damo segnò i capolavori del gruppo EgeBamyasi e Tago Mago verticeassoluto del krautrock e della musica tutta.
In musica la parità di genere è lungi dall’essere raggiunta. E se in ambito rock la percentuale rosa rimane comunque miserella guardando indietro del tempo diventa ancora più difficile trovare presenze femminili: pochissime ma dalle storie che valgono la pena di essere raccontate. Come quella della danese Else Marie Pade.
Nata nel 1924 , visse sulla sua pelle i tremendi giorni della seconda guerra mondiale: fece parte della resistenza nella sua Danimarca occupata dai nazisti distribuendo giornali illegali e sabotando le linee telefoniche nell’attesa di uno sbarco alleato che avvenne invece in Francia e una volta catturata dalla Gestapo fu detenuta nel campo di concentramento di Frøslev. Raccontò che fu durante il periodo di prigionia che decise di dedicarsi completamente alla musica. Nel dopoguerra ci provò con il piano poi nel 1952 sentì alla radio danese un programma sulla musica di Pierre Schaeffer: folgorata, riuscì a contattare il compositore e divenne sua collaboratrice al GRMC, il gruppo di ricerca di musica concreta della RTF, la radio francese. Nel ’58 la visita all’Expo di Bruxelles le suggerì la creazione di Syv Cirkler: era l’Expo dell’Atomium e soprattutto di quel padiglione Philips progettato da Le Corbusier e da Iannis Xenakis (architetto nonché musicista d’avanguardia) le cui cavernose pareti iperboloidi – era stato costruito pensando alla forma di uno stomaco – facevano da cassa di risonanza alle note del Poème Eléctronique di Edgar Varese e di Concret PH dello stesso Xenakis. Negli anni seguenti la Pade continuò il suo percorso seguendo i lavori di Ligeti, Stockhausen, Boulez e lavorando per la radio danese ma dovrà aspettare gli anni duemila, quando sarà scoperta da giovani musicisti elettronici come Jakob Kierkegaard per guadagnarsi una piccola ma meritata visibilità e togliersi lo sfizio di pubblicare un disco a ottantanove anni!