Il succo e l’ombra

Barney Kessel è stato un grande chitarrista jazz. Nato nel 1923 da una famiglia di origine ebrea ungherese si affermò come prezioso session man, partecipando nel 1966 addirittura alle registrazioni di Pet Sounds dei Beach Boys.

Nel 1944 partecipò al cortometraggio Jammin’ the Blues, in pratica una jam session, che vedeva la presenza, tra gi altri, di Lester Young, Red Callender, Marie Bryant. Essendo Barney l’unico musicista bianco del cast, la regia non trovò di meglio che farlo suonare nella penombra e, al momento di eseguire il primo piano delle sue mani, di tingergliele con succo di mirtillo.

Una cospirazione lunga mezzo secolo

Invidio chi ha sentito pochi dischi e riesce a sorprendersi ad ogni nuovo ascolto. Oramai mi capita di rado ma capita. Qualche notte fa, mentre ero al volante, la mia adorata Controradio mi ha fatto sobbalzare: con mezzo secolo di ritardo ho fatto conoscenza di Jeanne Lee, cantante jazz, compositrice e poetessa. Il suo primo album solista, Conspiracy, viene registrato nel 1974. Affiancata dal marito Gunter Hampel, vibrafonista tedesco, Sam Rivers al sax, Jack Gregg al contrabbasso, Perry Robinson al clarinetto, Mark Whitecage al clarinetto alto, Allan Praskin al clarinetto, Marty Cook al trombone e Steve McCall alla batteria, il disco travalica il genere jazz e si dispiega in un caleidoscopio di suoni dove la voce multiforme di Jeanne Lee si erge ad assoluta protagonista. Da ascoltare!

Con le luci spente è meno pericoloso?

Mi sono imbattuto in una cover di Smells Like Teen Spirit dei Nirvava eseguita da Robert Glasper. Robert Glasper suona il piano e pubblica per l’etichetta Blue Note, nome quasi sinonimo di jazz. Scorrono le dita sui tasti del piano, mia figlia si addormenta, a me viene voglia di pogare.

Incuriosito, ho ascoltato altre cose di Glasper, potabilissime ma nessuna che mi abbia scaldato il cuore se si eccettua un’altra cover, stavolta dei Radiohead,  Packt Like Sardines in a Crushd Tin Box.

La mia riflessione però non va all’onesto Glasper e al suo jazz pieno di contaminazioni, ma a come, pur depurata di tutto, il brano simbolo della band di Seattle, il capolavoro nato da un tragico equivoco, Cobain ignorava che lo spirito adolescenziale, il Teen Spirit, era un banale deodorante femminile, conservi tutta la sua magmatica forza.

Degli infiniti eliocentrici mondi

Troppo spesso la mia smania di completista mi porta ad ascoltare intere discografie, con tanto di rarità e scarti più o meno evitabili. Ma di fronte alla messe sterminata di album realizzati da Sun Ra devo dichiararmi sconfitto in partenza e abbandonarmi all’ascolto pescando qua e là  che in fondo ci si azzecca sempre: che si caschi nel jazz più  convenzionale, nel free-jazz o in contesti più sperimentali si casca sempre bene perché  sotto gli abiti spazial-orientaleggianti di quel gran mattacchione, che ha sostenuto per una vita di essere andato su Saturno e con una sicumera tale da finire nel ’71 a tenere un corso di filosofia a Berkeley, si nascondeva un musicista geniale.

Le meraviglie del paese di Alice

La pianista Alice McLeod ha già  un matrimonio fallito alle spalle e una figlia da tirare su da sola quando conosce John Coltrane. Nell’arco di nemmeno cinque anni i due si sposeranno, avranno tre figli, lei lo accompagnerà  al piano quando nel ’66 McCoy Tyner romperà il sodalizio con Trane non condividendo una musica in territori sempre più free.

Quando un cancro al fegato stroncherà nel luglio del ’67 il grande sassofonista Alice saprà comunque portare avanti la sua ricerca musicale, caratterizzata anche dall’impiego, inusuale in ambito jazz, dell’arpa.

Un ottimo esempio è  l’album Ptah, the El Daoud, in compagnia di Pharoah Sanders, Joe Henderson, Ron Carter e Ben Riley.

Tornerà un altro inverno

L’inverno svapora ma tornerà puntuale come kepleriana abitudine. Poi verrà l’estate e sarà difficile odiarla dopo l’imposta reclusione primaverile. Ma non verrà meno l’amore incondizionato per il brano di Bruno Martino che qui rispolvero in una versione di 17 minuti di Chet Baker, il grande trombettista americano che recluso, nel carcere di Lucca, lo fu davvero: ben sedici mesi dopo l’arresto in un autogrill avvenuto nel 1960 proprio l’anno in cui Martino pubblicava la sua hit.

Pare che i ragazzini andassero sotto le mura del penitenziario di San Giorgio per sentire la sua tromba. Chissà se già allora suonasse l’Estate.

 

 

Quest’uomo era un fenomeno

“tu suonavi Bill Evans dicendo quest’uomo è un fenomeno”

Così  canta Fabio Concato in Gigi, brano dedicato al padre Luigi, anch’egli musicista jazz.  E fenomeno era il buon Bill, unico bianco imposto a forza da Miles Davis per le registrazioni di Kind of Blue, pianista eccezionale quanto la sua fragilità di uomo tormentato alla ricerca di un pezzo di pace come la superba improvvisazione registrata pochi mesi prima, nel dicembre del ’58 e che, su richiesta di Miles,

diventerà l’introduzione di Flamenco Sketches.

 

La foresta non più vergine

Il bolso Bolsonaro, presidente brasiliano ha affermato che l’Amazzonia non è patrimonio dell’umanità ma solo del Brasile. Mi indigna l’incapacità di andare oltre il proprio ombelico e non capire che la Terra è di tutti. Quindi abbasso Bolsonaro e viva il meticciato musicale di Hermeto Pascoal, polistrumentista jazz soprannominato ‘o bruxo’, lo stregone.

Il gorgo nero

Originaria dello Iowa, la poco più che ventenne Patty Waters, registrò il suo disco di debutto per l’etichetta ESP-Disk grazie ai buoni uffici del sassofonista free-jazz Albert Ayler che ne intuì le doti ascoltandola in un club di New York.

Mentre la prima parte dell’album Patty Waters sings presenta brevi canzoni dolenti nel solco della tradizione jazzistica, la seconda facciata comprende un’unica lunga traccia in cui la voce si libera progressivamente facendosi grido, lamento, rantolo per poi perdersi nel gorgo nero del silenzio.

Quel vecchio trombone…

Ho scoperto Glenn Ferris a Prato, in una calda notte d’estate nella splendida cornice dell’ex fabbrica Campolmi . Trombonista jazz ormai prossimo al traguardo dei settant’anni ha un curriculum sterminato: ha suonato con jazzisti come Don Ellis, Steve Lacy, Billy Cobham, Archie Sheep, Paolo Fresu  ma anche per Frank Zappa, Stevie Wonder e i Duran Duran.

L’ultima uscita discografica che lo vede ancora in splendida forma con il suo Italian Quintet, composto da Mirco Mariottini, Giulio Stracciati, Franco Fabbrini e Paolo Corsi, si intitola Animal Love.