Sono disegni sonori esplosi quelli dei Polvo, l’indie-rock, quello vero, fatto di melodie e distorsioni, proliferato negli anni novanta in ogni angolo d’America. I Polvo provenivano dalla North Carolina tirarono fuori una manciata di dischi incendiari nella prima metà dei nineties salvo poi sparire per una dozzina d’anni fino al ritorno a sorpresa con un paio di ottimi dischi usciti nel 2009 e nel 2013 a conferma di una vena creativa ancora vivissima.
Bisogna arrendersi all’evidenza, le parole cambiano di significato e quel che oggi chiamiamo in un modo non corrisponde al significato di un tempo. Esemplare il modo in cui si è arrivati a designare con il termine hipsters, barbosi giovincelli barbuti neppure lontani parenti dei ‘bianchi negri’ che negli anni del dopoguerra ascoltavano Charlie Parker (ammesso che sappiano chi sia stato Charlie Parker).
E allo stesso modo l’aggettivo indie è passato dall’etichettare tante gloriose band, che con alterne fortune hanno attraversato gli anni ottanta e novanta, a scialbe risciacquature pop nostrane.
Date retta, non buttate via il vostro tempo e ascoltatevi gli ottimi The Van Pelt (che solo per il riferimento ai Peanuts di Charles M. Schulz meriterebbero l’encomio): quartetto newyorkese dalla vita brevissima, due soli album pubblicati a metà anni novanta Stealing from Our Favorite Thieves e Sultans of Sentiment di canzoni spruzzate di rumorismo.