Suoni della ricostruzione

Il mondo non dovrebbe mai finire di ringraziare John Peel per le sue celebri sessions. Una miniera di meraviglie. Come ad esempio le prime due sessions dei New Order, in una fase ancora di ricostruzione dopo l’atroce perdita di Ian Curtis, tra i tentativi di Bernard Sumner di ricalcare il cantato di Ian e omaggi come la cover del brano reggae, amato da Ian, del giamaicano Keith Hudson. Il bello di queste registrazioni sta proprio in quell’andamento ondivago che poi prenderà la strada, a me poco gradita, del synth-pop danzereccio.

Un determinato rapporto

A Certain Ratio: piedi ben saldi alla Hacienda di Manchester e in testa il funky newyorkese dei Talking Heads. Il timbro del cantante Jez Kerr era troppo vicino al fresco fantasma di Ian Curtis e il produttore Martin Hannett ne approfittò per tamponare il vuoto lasciato dai Joy Division nel catalogo della Factory: ne nacque l’album “To each…” quasi mai eseguito dal vivo eppure riconosciuto dalla critica come loro miglior prova su disco. Questo perché il gruppo prediligeva una musica più fisica e viscerale come risulterà più evidente nei dischi successivi.