“Quando sento parlare di cultura metto mano alla pistola”. Parole di Hermann Göring in un’epoca dove la cultura era ancora una minaccia per il potere. E una minaccia lo era ancora nell’America reaganiana degli anni ottanta. Quell’America che riuscì ad essere il brodo di coltura in cui si svilupparono band eccezionali. I Mission of Burma furono una di queste: troppo diversi da tutti e troppo distanti dal solito rock per poter sopravvivere a lungo. Formatisi a Boston nel 1978 alla canonica strumentazione chitarra, basso, batteria aggiungevano le manipolazioni elettroniche del misterioso Martin Swope, personaggio che fino all’ultima esibizione della band non comparirà mai sul palco!
Anche il bassista Clint Conley, che si divideva al canto con gli altri due componenti del gruppo, Roger Miller e Peter Prescott, era terrorizzato dal palco, ma non potendo esimersi dal presentarsi davanti al pubblico si rifugiò presto nell’alcol (e la claustrofobica Mica, dall’album Vs del 1982, parla della sua esperienza in un centro di recupero). In bilico tra pop e noise il gruppo durò il tempo di una manciata di singoli, EP e quell’unico LP, Vs.
Nel 1983 si sciolsero ufficialmente per i problemi di acufeni di Roger Miller (già nei barrettiani Sproton Layer e che tornerà poi coi Birdsongs of Mesozoic).
Nel 2011, dopo diciotto anni di silenzio, sono tornati in azione grazie anche alla pubblicità postuma fornitagli dalla cover di Moby della loro That’s when I reach my revolver.