Vampiri, suore e morti (Ohr Records #3)

Terzo titolo in catalogo per la Ohr Records e accreditato al solo Bernd Witthüser, in seguito sarà aggiunto alla denominazione sociale anche il polistrumentista Walter Westrupp, già presente in questa prima prova, Lieder Von Vampiren, Nonnen und Toten è una raccolta di macabre e ironiche canzoncine folk cantate in tedesco. Suoni non ancora contaminati da tentazioni cosmiche o progressive ma già ricchi di trovate anche nell’uso di strumenti inusuali o trovati.

La meditazione elettronica (Ohr Records #2)

L’esordio dei Tangerine Dream è tanto esplosivo che il terzetto autore di Electronic Meditation (1970, Ohr Records) si disgregherà subito dopo.  La sigla sociale rimarrà al chitarrista e organista Edgar Froese che virerà su territori sempre più cosmici (e in seguito di pessima ed evitabilissima elettronica) mentre Conrad Schnitzler (violino e violoncello)  e Klaus Schulze, qui ancora dietro alla batteria e non ancora alle prese col sintetizzatore di cui diventerà uno dei massimi esecutori continueranno, ognuno per proprio conto, le loro sperimentazioni sonore in quel filone aureo che è il krautrock.

In questo primo album c’è ancora una selvatichezza rock che sarà poi progressivamente abbandonata a favore di un suono sempre più liquido e siderale ma meno umano e per questo più difficile da amare.

Di guru ne servono due (Ohr Records #1)

Piove elettricità, anzi grandina, dal disco d’esordio del trio tedesco dei Guru Guru. UFO, tra le primissime uscite della Ohr, la benemerita etichetta tedesca con l’orecchio sulla label, è la pietra d’angolo, acuminatissima, della loro scarna produzione. Lontani dalle coeve derive cosmiche i protagonisti di cotanta potenza sono Aix Genrich alla chitarra, Uli Trepte al basso, Mani Neumeier alla batteria.

Carneadi industriali

Quando nel 1984  viene dato alle stampe Kühe in 1/2 Trauer il collettivo tedesco P16.D4 è già attivo da sei anni. Anni di passaggio tra l’età dell’oro del krautrock e la Deutsche Neue Welle (la new wave tedesca). Achim Szepanski, Ewald Weber, Gerd Poppe, Ralf Wehowsky e Roger Schönauer assemblano un capolavoro in cui convergono nuove e vecchie tendenze oltre alle istanze avanguardistiche di Stockhausen. Un capolavoro di cui all’epoca, e anche dopo, si accorgeranno in pochissimi. Ascoltare la traccia “He’s Afraid Of The Way The Glass Will Fall – Soon: It Will Be A Spectacle: The Fall Of A Crystal Palace But Coming Down In Total Blackout, Without One Glint Of Light, Only Great Invisible Crashing” per credere.

La bellezza convulsiva di Nadja

Licht è il documento sonoro di alcune esibizioni live della formazione degli ALU tenute tra Belgio, Olanda e Germania nel febbraio del 1982. Un interessante punk sintetico ad opera di due vecchie glorie del krautrock, Ludwig Papenberg e Hannes Vesten, titolari dei Sand, band che in vita realizzò il solo ottimo album Golem nel 1974. Gli ALU, nascono quando ai due, che nel frattempo avevano fondato una propria etichetta discografica, si unisce la cantante Nadja Moldt. Scaricata la psichedelia, già intrisa di elettronica, dei Sand fa posto un convulso punk dominato dalla voce allucinata di Nadja. Nonostante le inevitabili pecche dovuta alla registrazione dal vivo merita sicuramente l’ascolto.

 

L’alieno che reinventò il rock (Made in Japan #8)

Holger Czukay e Irmin Schmidt erano allievi di Stockhausen a Colonia quando decisero di formare un gruppo rock reclutando Michael Karoly e Jaki Liebezeit. Il gruppo, inizialmente chiamato Inner Space Production, diventò Can con l’arrivo del cantante Malcolm Mooney.

Gruppo dalla tecnica mostruosa ma ancora dentro gli schemi i Can trovarono, per sostituire Mooney, l’alieno Damo Suzuki.

Varie leggende circolano su come avvenne l’incontro tra il gruppo e il cantante giapponese che da anni girovagava per le comuni hippie d’Europa sostenendosi come artista di strada.

Sta di fatto che la voce di Damo segnò i capolavori del gruppo Ege Bamyasi e Tago Mago vertice assoluto del krautrock e della musica tutta.