Vacche magre (ovvero Khun Narin è meglio dei Pink Floyd)

Ho riascoltato il famoso disco della mucca, una delle geniali copertine dello studio Hipgnosis: la semplice foto della frisona Lulubelle III  che pascola nella verde campagna inglese senza alcuna indicazione del nome del gruppo o del titolo dell’album. Nella sterminata apologetica dei Pink Floyd, si narra che i funzionari della EMI chiesero al fotografo Storm Thorgerson se il suo intento fosse quello di far fallire la loro casa discografica.

Il primo lato del vinile si compone di una lunga suite orchestrale, Atom Heart Mother, arrangiata dal compositore Ron Geesin mentre nel secondo lato trovano posto tre delicate canzoni folk equamente divise tra Waters, Gilmour e Wright e la lunga Alan’s Psychedelic Breakfast.

Ma il folk e la psichedelia in questo disco finiscono per apparire artefatti e troppo cerebrali rispetto a quella naif di Khun Narin. Sissignori, Khun Narin! Non avete la più pallida idea di chi sia Khun Narin? Khun Narin suona un phin elettrificato, il phin è uno strumento tipico della Thailandia e del Laos. Attorno a lui ruota un ensemble spesso formato da vecchi e bambini che si esibivano in occasione di feste e processioni nella regione del Phetchabun in lunghe jam improvvisate.

Qualche anno fa un produttore  americano scovò su youtube una serie di video – in uno c’è una acidissima Zombie dei Cranberries! – e da lì sono nati due album, il primo strepitoso Electric Phin Band e il secondo intitolato semplicemente II. Ascoltare per credere.

Anatolia elettrica (Mamma li turchi #2)

Uno dei massimi esponenti dell’Anatolian Rock è il chitarrista Erkin Koray, nato nel 1941. Il suo primo singolo è del 1967 ma dovrà aspettare fino al 1974 per esordire sulla lunga distanza: il risultato sarà l’ellepì Elektronic Türküler che fonde psichedelia, progressive e folk turco. I dieci minuti finali di Türkü suggellano un disco che merita di essere recuperato dal dimenticatoio. Buon ascolto.

Mamma li turchi #1

Alla Turchia di oggi, legata e imbavagliata da Erdogan, dedico questo primo post sulla musica turca degli anni settanta. E comincio con Selda Bağcan. Nata nel ’48, cominciò a cantare durante gli anni in cui frequentava la facoltà di ingegneria ad Ankara.  Nel ’71 incise i primi singoli, canzoni per sola voce e bağlava – la tipica chitarra turca – che univano musica tradizionale e temi sociali. Più tardi si avventurò anche in territori più rock. Una voce magnetica capace di dare fastidio al potere: negli anni ’80, durante la dittatura militare, conobbe per brevi periodi anche le famigerate carceri turche e fino al 1987 non fu libera di andare all’estero.