Heisenberg non è un Cristo buono per tutti. E la cosa più seria che si può dire parafrasando Schroedinger è che non si può dire se la classica scatola di latta rotonda contiene i biscotti danesi al burro oppure ago, filo, cotone e qualche bottone spaiato finché non la si è aperta. E last but not least sapere che E=mc2 è l’equazione di Einstein non presuppone che si possa relativizzare questo e quello a piacimento.
I testi di divulgazione scientifica (o presunti) infestano le librerie e mai che parlassero di fisica classica: ha troppo poco appeal il rigore della fisica ottocentesca. Le difficoltà concettuali e i paradossi della fisica moderna consentono invece a troppi cialtroni di sentirsi autorizzati a parlare di fisica e far passare come cosa scientifica le peggiori asinate. E la tecnologia non aiuta a salvaguardare i saperi ma solo a intorbidire le acque con mille rivoli tossici.
Così devo scontrarmi con chi tira in ballo il mio Giordano Bruno e cerca di farmi passare per novello inquisitore nei confronti di tal Masaru Emoto, nipponico fortunatamente deceduto da qualche anno e quindi impossibilitato a dire ulteriori minchiate. I cristalli di ghiaccio, secondo i miei interlocutori, risponderebbero in maniera diversa se sollecitati con belle parole digitate su un telefono cellulare. Questioni di frequenze dicono, bontà loro che approfittano del fatto che non posso condannarli al rogo. E rimango col mio furore sordo ad alto volume e bassissime frequenze sulle note indeterminate di un altro Heisenberg, moniker estemporaneo del finlandese Sasu Ripatti alias Vladislav Delay in compagnia di Max Loderbauer (Moritz von Oswald Trio).