“If I die, I die”. Questo il titolo tautologico del miglior disco dei Virgin Prunes. Un disco fuori dal tempo, tribale e tecnologico, capace di rendere palpabile, quasi visibile, la componente teatrale dei loro concerti. Le voci di Gavin Friday, Guggi e Dave-Id (segnato nella voce e nel fisico da una meningite infantile) imbastiscono i loro occulti cerimoniali. E non è da meno la controparte strumentale capace di passare dal rumorismo più sperimentale a suoni new wave e danzerecci.
A differenza del gruppo dublinese per eccellenza, gli U2, cui erano strettamente legati (il chitarrista dei Virgin Prunes è il fratello di The Edge e fu Gavin Friday ad appiccicare al cantante degli U2 il fortunato nomignolo di Bono Vox) durarono molto poco vittime delle forze centrifughe che animavano i membri del gruppo: anni fa un tale mi raccontò di averli visti addirittura venire alle mani dopo un concerto tenuto a Firenze nel febbraio dell’82.