1977. I Pink Floyd non ci sono più da un pezzo. Voi direte che nel ’77 hanno pubblicato per l’etichetta Harvest Animals e due anni dopo anche The Wall, ma quelle sono solo le nevrosi in musica di Roger Waters. Sono anche grandi dischi ma dischi di musicisti in gabbia, i ruggiti innocui di bestie allo zoo.
Fuori invece accade altro, esplodono i disordini non solo musicali del punk.
Ogni casa discografica cerca di accaparrarsi qualche nuova band. La Harvest ci prova con questo quartetto uscito dalla scuola d’arte di Watford. I critici, poveri scemi, li ribattezzano Punk Floyd per sottolineare l’assenza nei Wire della purezza punk. Non si sono accorti che i Wire non sono punk. Ed è più facile trovare tracce barrettiane qui che altrove (sentitevi l’inizio di French film blurred). I Wire sono andati già oltre: Pink Flag, Chairs Missing e 154 sono tre dischi uno più bello dell’altro (senza contare A-Z l’esordio solista del cantante Colin Newman).