Risonanze

“Lontano, nei dimenticati spazi non segnati nelle carte geografiche dell’estremo limite della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare intorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro–verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano un’ottima invenzione.”

(Guida galattica per autostoppisti)

Leggo l’incipit del libro di Douglas Adams e un’interferenza spaziotemporale mi fa risuonare in testa quella razza umana che adora gli orologi e non conosce il tempo di ferrettiana memoria. Abbiate cura del vostro tempo.

Oltre il basso, l’altrove

Ho atteso con impazienza di mettere sul piatto del giradischi Alone, il nuovo lavoro di Gianni Maroccolo, storico bassista dei Litfiba e da appassionato di acronimi, di CCCP, C.S.I., P.G.R.. Tralascio il curriculum lunghissimo di musicista e produttore del Marok che, mandato in pensione lo storico basso Attilio, ha ripreso a  percorrere sentieri più elettronici e sperimentali. Alone è il primo episodio di quello che sarà il suo disco perpetuo che uscirà a cadenza semestrale per sempre. Questo primo disco, curatissimo nell’artwork, vede la presenza di una vecchia conoscenza del rock nostrano come Edda Rampoldi, voce dei Ritmo Tribale e Iosonouncane.

Il lungo flusso sonoro del disco, scherzosamente etichettato come krautmarok, omaggia tanto la  musica cosmica tedesca quanto il post-punk degli esordi di Gianni fino alle suggestioni etniche e world, ben esemplate dalle nenie indiane di Edda e che rimandano all’importante collaborazione di Marok con il compianto Claudio Rocchi.

Vietato prendersi sul serio

Ogni tanto devo riascoltare il primo disco dei Wolfango, un disco che non pretende niente nel suo ostentato e voluto analfabetismo musicale: autentico grado zero, vero sberleffo punk ad ogni pretesa di catalogaziane e/o classificazione e/o giudizio. Il disco uscito nel 1996 per l’etichetta dei C.S.I. è una sequenza di canzoni in cui gli unici strumenti sono un basso distortissimo e mezza batteria suonata nell’occasione da Bruno Dorella (protagonista anche con gli ottimi Ronin, OvO, Bachi da Pietra). Le voci del bassista Marco e della moglie Sofia più il figlioletto rompiscatole che all’epoca imperversava sul palco a rendere ancora più divertente ed esasperante il tutto. Scorie assortite di Nirvana e CCCP su testi demenziali non è dato sapere se di proposito oppure no.

Punk e Islam

“Kebabträume in der Mauerstadt / Türk-kultur hinter Stacheldraht / Neu Izmir in der DDR / Atatürk der neue Herr / miliyet für die Sowjetunion / in jeder Imbißstube ein Spion / ein ZK-Agent aus Türkei / Deutschland Deutschland / Alles ist vorbei / Wir sind die Türken von morgen” (*)

Quando nel 1961 sulla faccia di Berlino comparve l’oscena cicatrice del muro il quartiere di Kreuzberg diventò un vero e proprio cul de sac. Tre lati su quattro si erano ritrovati ad avere come orizzonte cemento armato e filo spinato. Così Kreuzberg si svuotò e fu presto occupato da immigrati turchi e punk di mezza Europa. Fu in questo clima che nacquero esperienze musicali eterogenee dai D.A.F. ai nostrani CCCP. E fu qui, in Oranienstrasse che sul palco del piccolo locale SO36 passarono i martelli pneumatici degli Einsturzende Neubauten e il sudore e gli sputi di Iggy Pop e Nick Cave.

(*) Sogni di kebab nella città del Muro / la cultura turca dietro il filo spinato / Una nuova Smirne nella DDR / Atatürk è il nuovo dominatore / milita per l’Unione Sovietica / una spia in ogni birreria / un agente del ZK dalla Turchia / Germania, Germania, è tutto finito / Siamo i turchi di domani)

Tenere a mente

In questi giorni ricorre il ventottesimo anniversario delle proteste di piazza Tien An Men a Pechino.

L’immagine simbolo della protesta è quella dell’uomo che si parò davanti all’avanzata dei carrarmati. Quell’immagine fece subito il giro del mondo colpendo anche i due gruppi italiani più importanti dell’epoca, i Litfiba e i CCCP Fedeli alla Linea, entrambi reduci da due concerti tenuti in primavera in Unione Sovietica, a Mosca e a Leningrado. I fatti di Tien An Men  ispirarono due canzoni: ‘Il vento’ , il cui testo gioca sulla facilotta assonanza con il dialettale ‘tieni a mente’, dei Litfiba e l’omonima Tien An Men, dai ritmi etno-industrial,  per il gruppo reggiano. Sono passati ventotto anni e ancora nessuno conosce l’identità dell’uomo che si oppose all’avanzata dei carrarmati né quale sia stato il destino suo e di tanti altri giovani che manifestarono contro il reticente governo cinese che contabilizza in solo (si fa per dire) 319 le vite spezzate durante gli scontri ma che si teme siano state molte di più.