“Dialoghi del presente” è stata l’unica opera edita di Luciano Cilio, compositore d’avanguardia napoletano morto suicida nel 1983 a soli 33 anni. Fortemente impegnato su più fronti, arti visive, teatro, politica oltre ovviamente a quello musicale non solo colta ma anche rock, sue le tastiere nel memorabile ‘Aria’ di Alan Sorrenti, non ha avuto la visibilità che avrebbe meritato.
Onore all’etichetta Die Schachtel che nel 2013, trentennale della morte dell’artista ha ripubblicato quel suo unico disco con l’aggiunta di alcuni inediti.
Nell’antica Grecia la trenodia era un tipo di canto funebre. Nel 1960, l’allora ventisettenne compositore polacco, Krzysztof Penderecki compose una sua personale trenodia per le vittime della bomba atomica fatta esplodere nel cielo di Hiroshima il 6 agosto del 1945.
Tren ofiarom Hiroszimy è eseguita da 52 strumenti ad arco, violini, viole, violoncelli e contrabbassi portati ai limiti del registro sonoro: dense masse soniche si abbattono sull’ascoltatore evocando il bagliore dell’esplosione che in pochi secondi cancellò un’intera città.
Ogni anno gli hibakuska, i sopravvissuti alla bomba, sono sempre meno: diventa ancora più doveroso conservare memoria dei troppi momenti in cui l’uomo ha rinunciato ad essere umano.
Tornando al mero discorso musicale Tren ofiarom Hiroszimy è stata utilizzata anche da Stanley Kubrick in Shining e da David Lynch nell’ottavo episodio della terza stagione di Twin Peaks.
L’associazione mentale furgoncino Wolkswagen = figli dei fiori è assolutamente automatico. E al figlio dei fiori di turno nove volte su dieci si assoceranno connotati scandinavi o nord-europei.
In questo documentario c’è un furgoncino che parte dall’Olanda, girovaga per l’Europa, c’è uno spezzone girato in Italia in pieno periodo elettorale, si spinge fino in India. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe gli allegri passeggeri sono un gruppo di musicisti giapponesi che non cantano di pace e amore ma suonano una musica molto ostica che lambisce territori tra il concretismo e l’avanguardia. Il loro nome, sincera dichiarazione di intenti, è Taj-Mahal Travellers.
Inclusi a buon diritto da Julian Cope nel suo Japrocksampler tra i campioni del rock nipponico hanno al loro attivo tre album costituiti da lunghe jam intitolati semplicemente LiveStockholm July 1971, July 15, 1972 e August 1974. Estremamente lunga e varia invece la discografia del più famoso dell’ottetto, Takehisa Kosugi, violinista, già facente parte del Group Ongaku e collaboratore del gruppo Fluxus.
Quaranta minuti di canti di uccelli. All’inizio ho pensato alle musicassette che mio nonno, una volta rimasto vedovo e cominciato a peregrinare tra figli e nipoti sparsi per l’Italia, si portava dietro. Seduto, il mangiacassette in grembo, gli occhi socchiusi andava a riascoltarsi il canto dei suoi cardellini che saltellavano nelle anguste gabbiole.
All’inizio pensavo che l’album che stavo ascoltando, del compositore d’avanguardia Walter Marchetti , fosse una semplice registrazione d’ambiente. Invece poi ho scoperto che non si tratta di uccelli ma di richiami per la caccia. Gli esecutori umani della strana orchestra si muovono seguendo la rigorosa partitura con i loro richiami, ora il colombaccio, ora la ghiandaia, quattro passi a destra, cinque a sinistra a ricreare l’artificiale e impossibile voliera.
L’opera fu rappresentata per la prima volta nel dicembre del 1965 e registrata in studio solo nove anni dopo per la coraggiosa etichetta Cramps di Gianni Sassi nel 1975 per l’ostica collana Nova Musicha che raccoglieva le proposte più estreme della casa discografica celebre per aver lanciato gli Area di Demetrio Stratos. “La caccia (da Arpocrate seduto sul loto)” è certamente tra i titoli più singolari del lotto.