Musica per sommergibili
“Non è difficile diventare una grande ammaliatrice: basta restare immobile e recitare la parte dell’oca”
Diede scandalo Hedy Kiesler quando nel ’33, alla seconda edizione della mostra del cinema di Venezia, comparve in uno dei primi nudi integrali della storia del cinema. A poco valsero i seguenti tentativi dell’allora marito Fritz Mandl di comprare e togliere dal mercato tutte le copie di quel film, Estasi, del regista cecoslovacco Gustav Machaty che così tanto scalpore aveva sollevato.
Il trifide tra Masini e Merola
Il rivenditore di dischi mi guardò con grande perplessità quando gli chiesi il prezzo di quel vinile, trovato, bizzarrie dell’ordine alfabetico, dopo Marco Masini e prima di Mario Merola. Sulla copertina c’era la foto di un uomo in una vasca da bagno e l’LP non era prezzato. Il tipo mi chiese una cifra ridicola con l’aria sollevata di chi riesce a liberarsi finalmente di qualcosa di sgradevole.
Il disco era Stanze, l’esordio dei Massimo Volume, uscito nel 1993 prima del fondamentale Lungo i bordi. Ma in questo disco c’è già tutto, le storie recitate di Emidio Clementi, la chitarra di Egle Sommacal, la batteria di Vittoria Burattini, l’amore per la letteratua, con la citazione di Bukowski (L’amore è un cane che viene dall’inferno), il cinema (dal John Ford di In nome di Dio, alla fantascienza de Il giorno dei trifidi fino al Tarzan di Weissmuller ), l’omaggio a Faust’O Rossi (Cinque strade).
Una barba d’api come punizione (Not All Blacks #4)
Nati come Nocturnal Projections nel 1981, nella remota New Plymouth, in Nuova Zelanda, la creatura dei fratelli Graeme e Peter Jefferies mutò presto nome in This Kind Of Punishment. L’esperienza dei TKOP durò il tempo di un paio di LP, troppo poco ma abbastanza però per lasciare una personalissima new wave imbevuta di folk e avanguardia.
Giù il cappello
“Space is just an ashtray / Flesh is my best wheel / The atmosphere’s my highway / And the landscape’s my next meal” (da Me and My Woman)
Ci deve essere qualcosa se non va se rimani nell’ombra dopo aver cantato in uno dei dischi più famosi (e venduti) dei Pink Floyd e dopo che addirittura i Led Zeppelin ti dedichino una canzone, Hats off to (Roy) Harper, nel loro terzo superbo disco, quello della svolta folk-rock e ti vogliano con loro in tour.
Roy Harper, folk-singer eclettico e lunatico, giunse alla Harvest nel ’69 con alle spalle già tre dischi ma il meglio doveva ancora venire con Flat Baroque and Beserk contenente la polemica e antirazzista I hate the white man e le quattro lunghe tracce di Stormcock con il contributo chitarristico di S. Flavius Mercurius bizzarro nome dietro cui si celava per meri problemi contrattuali Jimmy Page, gli Zeppelin incidevano per la concorrente Atlantic.
Il soldato col pennarello rosso
I fantocci di carne
Il massimo successo dei Meat Puppets è l’album Too High to Die, pubblicato nel 1994 dopo il clamoroso successo del concerto unplugged dei Nirvana che per l’occasione ospitarono i fratelli Kirkwood, insieme due terzi della band di Phoenix, ed eseguirono ben tre brani dal loro secondo LP, risalente al 1983 e pubblicato dopo un ipercinetico primo EP che condensava cinque tracce nello spazio di complessivi cinque minuti e sedici secondi e un primo album dove stavolta si incrementava il minutaggio ad una media di un minuto e mezzo a brano!
Inseriti a torto nel carrozzone del grunge la loro musica era quella dell’hardcore mediato dal country e dalla psichedelia. Ricordo una intervista dell’epoca in cui dichiaravano che mentre a Seattle c’erano i salmoni, in Arizona c’era il sole che rendeva tutti schizzati. E non si può che convenirne e andarsi a riascoltare quel Meat Puppets II che tanto piaceva a Kurt Cobain.
Crimini e dissonanze
L’Europa Minore
Nel 1978 Mauro Pagani abbandonò la P.F.M. e si diede alla ricerca di nuovi orizzonti musicali. I frutti arrivarono subito maturi e succosissimi: l’album solista e omonimo di quello stesso anno seguito dal progetto Carnascialia fino a Creuza de ma con Fabrizio De André nel 1984 e al colto divertissement sanremese de I Figli di Bubba. Massimo comun denominatore di questi dischi l’intreccio e il meticciato di sonorità mediterranee. In quel primo 33 giri a fare compagnia al polistrumentista bresciano gli Area di Demetrio Stratos, i Canzoniere del Lazio, Teresa De Sio e Roberto Colombo.
L’articolazione dei suoni
Io una volta a Budapest ho detto per scherzo: “quando morirò, se proprio ci tenete a chiamare qualcosa con il mio nome, dedicatemi una strada sbagliata . Ecco come mi sento io.”
Da bambino Gyorgy Ligeti sognava di diventare scienziato e anche se diventò musicista non dimenticò l’amore per le strutture matematiche e chimiche come la clorofilla che “ha al centro un atomo di magnesio, come un ragno in agguato in mezzo alla ragnatela”. Un musicista capace di spingersi oltre le convenzioni del tempo e guardare oltre, capace di comporre musica elettronica e scioccare il suo pubblico come quando nel ’63 in Olanda mandò in scena la prima del suo Poema sinfonico per cento metronomi’ il pubblico si trovò sul palco dieci esecutori che azionarono cento metronomi! Il pubblico prima restò perplesso in silenzio poi cominciò a protestare. Il concerto, che doveva anche essere trasmesso in televisione, fu sostituito nel palinsesto da una provvidenziale partita di calcio. Ma anche la sua produzione più propriamente classica si è sempre spinta un po’ più in là. Uno come Stanley Kubrick non poteva non innamorarsi di un tale musicista e utilizzerà in più d’uno dei suoi film le composizioni di Ligeti.
Splendida la partitura visuale realizzata negli anni settanta dal graphic designer Rainer Wehinger per la sua Artikulation, composizione elettronica del 1958 realizzata con l’ausilio di Gottfried Michael Koenig e Cornelius Cardew, lo sperimentatore inglese all’epoca assistente di Karlheinz Stockhausen.