Concerto in versi

Uscito nel 2001, unitamente al libro Carte da decifrare edito da Einaudi, il Concerto in versi di Ivano Fossati con la bravissima attrice teatrale Elisabetta Pozzi, e un contorno di ottimi musicisti, presenta un gustosissimo mix di musica e letteratura. Letture magistralmente interpretate secondo un registro ora comico ora drammatico che vanno da T. S. Eliot a Edoardo Sanguineti, da Alfredo Giuliani a William Shakespeare si accompagnano ad alcuni brani del cantautore ligure. Un prodotto da sottobosco letteral-musicale molto ben nascosto ma delizioso.

Attenti al lupo

Moanin’ in the moonlight esce nel 1959 per l’etichetta Chess. In copertina c’è un lupo che ulula: il blues agreste e campagnolo del delta del Mississippi è risalito verso le periferie metropolitane raccogliendo tutte le inquietudini e il malessere delle classi nere operaie. E’ il primo album di Howlin’ Wolf, un imponente omone sulla soglia dei cinquant’anni che porta da decenni il suo blues in ogni angolo d’America senza mai averne mai tradito lo spirito. Né lo tradirà in seguito tanto da arrivando a ripudiare un disco come quello  registrato nel ’71 a Londra quando si presentarono in pellegrinaggio alle sessions fior di musicisti come Eric Clapton, Steve Winwood, Ringo Starr, Bill Wyman e Charlie Watts.

L’epifania di Glenn Jones

Non si dovrebbero mai incontrare i propri idoli. Perché la realtà potrebbe fare a pugni con l’immagine che ce ne eravamo fatti e le conseguenze potrebbero essere disastrose. Glenn Jones cresce con il mito di John Fahey. Nel 1989 fonda, già trentaseienne, il gruppo dei Cul De Sac e nel novembre del 1996 ha l’occasione di registrare un disco proprio con John Fahey. L’esperienza sarà traumatica ma, superate le reciproche incomprensioni l’album, intitolato The Epiphany of Glenn Jones, vedrà fortunatamente la luce nel ’97 per la Thirsty Ear.

Passaggio a Nordest

Massimo Silverio compone musica tutt’altro che tradizionale, l’accostamento agli islandesi Sigur Ros o ai Radiopotrebbe essere plausibile, ma scrive i suoi testi in dialetto carnico. C’è voluto Iggy Pop per regalargli un po’ di visibilità, passando un suo brano durante la trasmissione radiofonica di cui è conduttore. Visibilità meritatissima perché il suo album Hrudja uscito nel 2023 è un piccolo gioiello.

L’ora dei fantasmi

Volevo scrivere da tempo di Ghosted, disco del 2022 dell’australiano Oren Ambarchi con Johan Berthling e Andreas Werliin degli svedesi Fire!. Nel frattempo il trio ha dato alle stampe nel 2024 un secondo capitolo, intitolato semplicemente Ghosted II. Due ottimi album strumentali dove chitarra, basso e batteria intessono trame notturne ora più distese ora più nervose ben descritte dalle varie accezioni dell’aggettivo ghosted: fantasma, evanescente, semitrasparente.

Singing in the rain

Piccola antologia per giorni di pioggia: ‘Rainy day’ vede la luce nel 1984. David Roback dei Rain Parade raccoglie membri di Bangles, Three O’ Clock, Dream Syndicate per incidere una manciata di pezzi con cui il movimento del Paisley Underground rende omaggio ai loro eroi coverizzando Bob Dylan, Lou Reed, Jimi Hendrix, Alex Chilton, Beach Boys. Un album non memorabile ma pur sempre godibile bignamino a stelle e strisce.

Tutto Ben

Piccola gemma di jazz-rock licenziata dall’etichetta Vertigo nel 1971. In copertina un naso che cola come un rubinetto male avvitato. Musica che il gruppo di stanza a Canterbury fa colare a fiotti in questa che rimane l’unica prova su disco del quintetto.

Il succo e l’ombra

Barney Kessel è stato un grande chitarrista jazz. Nato nel 1923 da una famiglia di origine ebrea ungherese si affermò come prezioso session man, partecipando nel 1966 addirittura alle registrazioni di Pet Sounds dei Beach Boys.

Nel 1944 partecipò al cortometraggio Jammin’ the Blues, in pratica una jam session, che vedeva la presenza, tra gi altri, di Lester Young, Red Callender, Marie Bryant. Essendo Barney l’unico musicista bianco del cast, la regia non trovò di meglio che farlo suonare nella penombra e, al momento di eseguire il primo piano delle sue mani, di tingergliele con succo di mirtillo.

In cauda venenum

Il 2024 si chiude portandosi via Paolo Benvegnù. Giusto quest’anno gli era stata assegnata la Targa Tenco a venti anni dall’esordio solista con Piccoli fragilissimi film. Non voglio con questo scrivere un inutile e superfluo coccodrillo ma solo invitare all’ascolto di un grande autore di canzoni, qui una delle mie preferite.

Lessico e nuvole

Disco indefinibile, scrivere abstract hip-hop o hip-hop sperimentale aiuta poco, serve solo l’ascolto, doveroso. Il capolavoro dei cLOUDDEAD, trio californiano, inizialmente edito in sole 50 copie all’inizio nel 2000 e poi ristampato in più corposa tiratura l’anno successivo, continua ad essere un giocare con le forme delle nuvole.