Conclusa la fulminante avventura dei Colossamite, band di stanza a Minneapolis, Minnesota con all’attivo tre uscite nel biennio 1997-98 su etichetta Skin Graft , tre quarti della band formano i Gorge Trio. L’esordio su disco avviene in quello stesso 1998 per l’italiana Freeland Records e si intitola Dead Chicken Fear No Knife, cinquanta minutidi ottimo math-rock strumentale.
Gli australiani Necks, Chris Abrahams al pianoforte, Tony Buck alla batteria e Lloyd Swanton al basso, suonano e incidono insieme da quasi trent’anni: l’album d’esordio, Sex, è infatti del 1989. I loro dischi sono quasi sempre formati da un’unica traccia estesa, un lungo flusso sonoro che si snoda attorno una primigenia linea melodica. I critici tirano in ballo il minimalismo e il jazz, di fatto, i tre, sono capaci di creare territori sonori in cui l’ascoltatore è rapito come cadendo in una dimensione onirica. Silverwater, del 2009, è uno dei miei album preferiti del trio.
La Banda Ionica è un progetto nato nel 1997 per opera di Fabio Barovero dei Mau Mau e del trombettista Roy Paci. Lo scopo è quello di recuperare le musiche usate per le processioni della Settimana Santa e le marce funebri del Sud d’Italia. Con una banda di venti elementi registrano l’album Passione cui seguirà, nel 2002, Matri mia. Nella seconda prova i due cercheranno di mantenere il mood del disco d’esordio all’interno però di composizioni originali e con ospiti di eccezione come Vinicio Capossela, Mauro Ermanno Giovanardi dei La Crus, Macaco El Mono Loco.
Si intitola L’apprendista l’album del 1977 degli Stormy Six, band italiana che proprio quell’anno approda all’interno del Rock In Opposition capitanato dagli Henry Cow e che porterà al gruppo una certa notorietà in Inghilterra e nelle due Germanie: l’Amiga, l’etichetta discografica di stato della DDR pubblicherà infatti nel 1980 un’antologia del gruppo milanese.
Gruppo attivo sin dalla metà degli anni sessanta e fortemente politicizzato, gli Stormy Six raggiungono con L’apprendista, loro sesto album in studio,una scrittura più matura sia per quanto riguarda il suono che i testi.
Gruppo milanese colto e ironico, coagulatosi nel ’78 attorno all’unico componente stabile, Lorenzo Leddi, fratello del più famoso Tommaso degli Stormy Six, i Mamma Non Piangere durano il tempo di incidere due dischi, il N.1 (Musica, bestiame e benessere) e il N.2 (Sempre avanti a testa bassa), in cui mescolano mille influenze che possono a buon diritto rientrare nell’etica del Rock In Opposition degli inglesi Henry Cow.
I 23 Skidoo esordiscono sulla lunga distanza con Seven songs nel 1982 dopo aver pubblicato qualche singolo e partecipato a una delle Peel sessions alla BBC. La loro è musica industriale concepita per ballare. Servono a questo le corpose iniezioni di funk e ritmi esotici e quartomondisti alla Jon Hassell e Brian Eno. Negli anni ’90 i Chemical Brothers campioneranno Coup per la loro Block rockin’ beats, un omaggio dovuto a un gruppo tra gli iniziatori di un genere.
A differenza dell’occhio che può essere chiuso o puntato altrove l’orecchio è esposto e vulnerabile. E’ a questa vulnerabilità che si rivolgeva il suono (e il non suono) di Satoshi Ashikawa, produttore e compositore che licenziò, prima di morire in un incidente, tre dischi per la serie Wave Notation dell’etichetta Sound Process raccolti: Music for Nine Postcards di Hiroshi Yoshimura, Still Way dello stesso Ashikawa e Eric Satie del pianista Satsuki Shibano a reinterpretare brani del musicista di Honfleur. I brani di Still Way per piano, vibrafono, arpa e flauto sono delicati acquerelli sonori sospesi in uno spazio atemporale.
Dal punto di vista economico il terzo e ultimo festival dell’isola di Wight, nel 1970, si rivelò come il più disastroso dei fallimenti. Ma nei cinque leggendari giorni di musica si alternarono Jimi Hendrix (e fu la sua ultima apparizione prima della morte), Doors, Miles Davis, Who, Leonard Cohen, Joni Mitchell, Donovan, ELP, Joan Baez, Ten Years After, Jethro Tull, Free, Moody Blues, Family, Procol Harum, Gilberto Gil, Black Widow, Pentangle, Richie Havens, Sly & The Family Stone, Supertramp e tanti altri. C’erano a suonare, ma solo fuori dai cancelli da bravi indesiderati, anche i rozzi Hawkwind di Dave Brock. La stagione hippie era al tramonto e si portava via le good vibrations, nella psichedelia degli Hawkwind subentravano quei bad trip che prendevano forma attraverso massicce dosi di hardrock unite ai testi fantascientifici, ai lightshow e alla giunonica Stacia che durante un concerto salì sul palco, si spogliò, si dipinse il corpo e cominciò a danzare divenendo ipso facto un membro del gruppo.
Space ritual, doppio LP del 1973 (con Lemmy al basso, dopo l’esperienza con i Sam Gopal e prima dei Motorhead), catturò dal vivo il loro devastante potenziale space-rock dopo tre ottimi album: l’omonimo Hawkwind (1970), In Search of space (1971) e Doremi Fasol Latido (1972).
Una vita sospesa tra gli opposti e dalle multiple personalità: questo è James Siegfrid, cantante e sassofonista al pubblico noto come leader dei James Chance & The Contortions e dei James White & The Blacks. Oppure dei The Flaming Demonics, o dei James Chance & the Sardonic Symphonics, o ancora dei James Chance and Terminal City. E non meno disturbata e disturbante è la musica sospesa in maniera spericolata tra jazz e no wave, tra Ornette Coleman e James Brown. Ma erano tempi ricchi di incroci impossibili quelli della Grande Mela di fine anni settanta!
Inseriti a torto nel calderone post-rock, gli australiani Dirty Three del violinista Warren Ellis, in seguito sodale di Nick Cave, hanno portato in musica i loro paesaggi sonori dagli scenari assolati e desertici dell’album d’esordio, Sad and dangerous, fino al capolavoro marinaresco Ocean songs, un concept dedicato al mare. Un’esplorazione sonora che vive nella continua tensione tra misticismo e depravazione.