Carneadi industriali

Quando nel 1984  viene dato alle stampe Kühe in 1/2 Trauer il collettivo tedesco P16.D4 è già attivo da sei anni. Anni di passaggio tra l’età dell’oro del krautrock e la Deutsche Neue Welle (la new wave tedesca). Achim Szepanski, Ewald Weber, Gerd Poppe, Ralf Wehowsky e Roger Schönauer assemblano un capolavoro in cui convergono nuove e vecchie tendenze oltre alle istanze avanguardistiche di Stockhausen. Un capolavoro di cui all’epoca, e anche dopo, si accorgeranno in pochissimi. Ascoltare la traccia “He’s Afraid Of The Way The Glass Will Fall – Soon: It Will Be A Spectacle: The Fall Of A Crystal Palace But Coming Down In Total Blackout, Without One Glint Of Light, Only Great Invisible Crashing” per credere.

I surfisti di quel posto

“There’s a time to shit and time for God”

Eredi della più sballata psichedelia texana (cito Red Crayola e The 13th Floor Elevators ma ci sarebbe  tutto un sottobosco da scoprire), i Butthole Surfers – sì, i surfisti di quel posto lì – hanno descritto una parabola la cui fase ascendente è stata punteggiata da usa serie di dischi splendidi ed oltraggiosi. Ho scritto eredi della psichedelia ma con i piedi mal piantati nell’hardcore più fangoso e viscerale. Il primo EP eponimo esce per la Alternative Tentacles di Jello Biafra dei Dead Kennedys nel 1983, poi due LP devastanti per la Touch & Go, Psychic Powerless (1984) e Rembrandt Pussyhorse (1986) sono campionari di volgarità e temi grotteschi eppure capaci di entrare in territori avanguardistici con i loro collage di rumori non di rado oscenamente organici. Questi gli episodi imperdibili di una carriera che andrà avanti per un altro decennio di continuo sberleffo per tutto e tutti.

 

Terra d’ombra

La terra d’ombra (o d’Umbria) è un ossido idrato di ferro o manganese usato come pigmento. In inglese la terra d’ombra è denominata umber come il capolavoro dei seminali Bitch Magnet. Colore che ben si addice alla musica di un album che dalla iniziale Motor alla conclusiva Americruiser non conosce pause e traccia, siamo nel 1989, le strade per il rock a venire, che sia math-rock, post-hardcore o quant’altro volete.

Nel giardino degli alci

Se gli hippy inglesi e americani attingevano al misticismo altrui, in particolare dell’India, quelli svedesi guardavano ad uno tutto autoctono affollato di divinità guerriere e creature dei boschi. L’equidistanza poi da Germania e Inghilterra favorì la compenetrazione di psichedelia e musica cosmica creando quel genere noto come progg, con la doppia gi.
Ne uscirono gruppi dai contorni indefinibili come gli Älgarnas Trädgård (Giardino degli alci) che nel 1972 diedero alle stampe Framtiden Är Ett Svävande Skepp, Förankrat I Forntiden (meravigliosa copertina in stile Dalì del periodo nucleare).
Purtroppo l’isolamento geografico e musicale del periodo non consentì di dare alle stampe il secondo disco, intitolato ironicamente Delayed, fino al 2001. E fu un vero peccato perché il gruppo aveva ancora tantissime frecce al proprio arco.

Undici danze per combattere l’emicrania

 Il tastierista Mark Hollander è una delle figure più importanti della musica belga. Prima accanto al jazzista Paolo Rodani (italiano trapiantato in Belgio), poi con Aksak Maboul e Honeymoon Killers, infine come creatore della Crammed (etichetta indipendente nel cui catalogo fanno bella mostra Tuxedomoon, Colin Newman, Minimal Compact, Hector Zazou, Zap Mama, Bel Canto, Cibelle).
Gli Aksak Maboul esordiscono nel 1977 con ‘Onze danses pour combattre la migraine’ ed entrano a far parte dei gruppi del Rock in Opposition. Con l’aiuto di Fred Frith e Chris Cutler dei disciolti Henry Cow incidono in Svizzera il secondo disco ‘Un peu de l’ame des bandits’ uscito nel 1980. Poi si fondono con i connazionali Honeymoon Killers approdando su sponde new-wave.

Il collezionista di suoni

Henry Cowell è stato un grande musicista americano: tra il 1912 ed il 1930 introdusse tecniche esecutive che saranno alla base del pianismo d’avanguardia: clusters di note, aggregati sonori eseguiti con l’avambraccio, con il pugno o con la mano piatta, manipolazione diretta delle corde del pianoforte. Non gli furono neppure estranei i primi vagiti dell’elettronica: nel ’30 commissionò a Leon Theremin, l’inventore dell’omonimo strumento, la costruzione di un poliritmofono, una particolare tastiera capace di eseguire sedici differenti ritmiche contemporaneamente.

Anima inquieta, Cowell nel 1931 è a Berlino a studiare musica indiana e balinese. Comincia a incorporare nelle sue composizioni elementi sempre più eterogenei provenienti da Asia e Africa: un’esplorazione che continuerà senza sosta per tutta la sua vita anche negli anni durissimi del carcere: nel ’36 con l’accusa di essere bisessuale fu condannato a dieci anni di reclusione per reati contro la morale.

La teoria del frigo vuoto

Il titolo bizzarro, La teoria del frigo vuoto, celiava sulla classica scusa di chi non vuole invitarti a cena. Autoprodotto nel 1998 dai Brutopop, quartetto romano che si era fatto le ossa di fianco ai mitici Fugazi e aveva realizzato le trame musicali degli Assalti Frontali per il disco Conflitto – per chi scrive uno dei lavori imprescindibili degli anni novanta – ebbe ottime recensioni e scarsissimo riscontro commerciale (anni fa ne acquistai cinque copie in vinile a un euro cadauno). Un vero peccato perché sono quaranta minuti di ottima musica strumentale tra post-rock, lounge ed echi morriconiani.

 

Il tempo delle mele

Gli uomini primitivi cominciarono a fare musica utilizzando conchiglie, pelli, legnetti e quant’altro gli offriva la natura circostante, costruirono i loro primi rudimentali strumenti. In maniera non troppo dissimile negli anni sessanta si cominciò a fare musica utilizzando i nuovi prodotti della neonata e imberbe elettronica. E i musicisti oltre che esecutori tornarono ad essere costruttori dei loro strumenti. Uno di questi fu, nel campo dell’avanguardia, l’americano Morton Subotnick. Alla sua “Silver apples of the moon” guardarono Simeon Coxe e Danny Taylor quando cercarono di applicare al rock la lezione appena appresa. Due dischi guarda caso sotto la sigla ‘Silver Apples’ che hanno lo stesso fascino antiquato e naif dei primi computer, quando per realizzarne uno potevano bastare due ragazzi occhialuti in un garage.

Canterbury al pesto

Picchio Dal Pozzo. A volte la scelta del nome del gruppo è decisiva. E in questo caso azzeccatissima. Nome splendido. Copertina altrettanto evocativa, ripresa da un libro tedesco di illustrazioni per bambini. Musica che attinge sì al jazz-rock di Canterbury ma lo interpreta con un’originalità e una sensibilità fuori dal comune. Non solo epigoni di Soft Machine e compagnia wyattante.

Febbre spagnola

Ci sono dischi che si incontrano tardi, quello della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, già contrabbassista del gruppo di Ornette Coleman, l’ho scoperto colpevolmente solo in anni recenti. E’ un disco del 1969, il gruppo è una sorta di big band stellare, ne fanno parte la pianista Carla Bley, suoi la maggior parte degli arrangiamenti, il trombettista austriaco Michael Mantler, il sassofonista argentino Gato Barbieri e poi Don Cherry alla cornetta, Paul Motian alla batteria, Dewey Redman al sax, Roswell Rudd al trombone. Il repertorio del disco attinge a canzoni tradizionali della guerra civile spagnola e ad altre canzoni di protesta della tradizione europea come Song of the United Front di Brecht, di quella afroamericana come We Shall Overcome o ancora War Orphans di Ornette Coleman e Song for Che di Haden ,che rielabora in chiave free l’Hasta siempre di Carlos Puebla.

Ma non aspettatevi né un album di lagnose riletture di canzoni andaluse né il free-jazz più cervellotico e di oscura interpretazione: questo è un gran disco che riesce a conciliari due mondi e due linguaggi apparentemente lontanissimi.