Disturbo bipolare

Una vita sospesa tra gli opposti e dalle multiple personalità: questo è James Siegfrid, cantante e sassofonista al pubblico noto come leader dei James Chance & The Contortions e dei James White & The Blacks. Oppure dei The Flaming Demonics, o dei James Chance & the Sardonic Symphonics, o ancora dei James Chance and Terminal City. E non meno disturbata e disturbante è la musica sospesa in maniera spericolata tra jazz e no wave, tra Ornette Coleman e James Brown. Ma erano tempi ricchi di incroci impossibili quelli della Grande Mela di fine anni settanta!

L’apertura popolare

Tra le venti possibili mosse con cui il bianco può aprire una partita a scacchi la più popolare è quella che vede avanzare di due case il pedone di re ovvero dalla posizione e2 alla posizione e4.

Manuel Göttsching scelse una scacchiera come copertina del suo album solista, nato come esperimento casalingo nel dicembre del 1981 e pubblicato solo tre anni dopo. Il musicista tedesco, leader degli Ash Ra Tempel, una delle massime espressioni del krautrock, aveva cominciato a dilettarsi con i sintetizzatori e quasi per gioco sfornò un’ora di elettronica che ruotava attorno a un paio di Mi ( E2 ed E4 se si usa la notazione letterale delle note musicali). Con sua sorpresa diventò un brano di successo nei club disco di New York e Detroit.

Il labirinto dei Dedalus

Gruppo di Pinerolo guadagnatosi la presenza nella Nurse With Wound list grazie a due eccellenti album, l’eponimo del 1973 e Materiale per tre esecutori e nastro magnetico del 1974, i Dedalus passarono dal jazz-rock degli esordi a territori elettronici e d’avanguardia. Difficile preferire l’uno o l’altro, ottimamente suonati, più originale sicuramente il secondo quando il gruppo da quartetto si era ridotto a trio.

Suoni carnascialeschi

Nel 1979 Mauro Pagani, reduce dai P.F.M. e dalla prima uscita solista, si unisce ai Canzoniere del Lazio di Pasquale Minieri e Giorgio Vivaldi per formare un vero e proprio supergruppo: a loro si uniranno infatti i membri degli Area di Demetrio Stratos e jazzisti del calibro di Maurizio Giammarco, Danilo Rea e Roberto Della Grotta. Battezzatisi Carnascialia incideranno un disco e suoneranno dal vivo per un paio di tournée. Uno splendido incrocio di folk, jazz e progressive.

 

Lo strappacuore

Sono solo due le cose che contano: l’amore, in tutte le sue forme, con belle ragazze, e la musica di New Orleans e di Duke Ellington. Tutto il resto è da buttar via, perché è brutto…” (Boris Vian, dalla prefazione a ‘L’Écume des Jours‘)

Nel primo dopoguerra l’emittente radiofonica newyorkese WNEW trasmise per 48 puntate il programma Jazz in Paris curato dallo scrittore e poeta francese Boris Vian. L’intento era quello di presentare al pubblico americano il jazz francese: arrivarono anche così alle orecchie d’oltreoceano le note di Django Reinhardt, Stephane Grappelli, Claude Luter. Peccato che nessuna registrazione si sia salvata ma fortunatamente rimangono i testi preparati da Vian per le trasmissioni. Ma lo stesso inesauribile Vian oltre che critico musicale fu lui stesso musicista e paroliere, surreale e antimilitarista. Una vita troppo intensamente vissuta e stroncata il 23 giugno del ’59, 59 anni fa, da un infarto che lo colse al cinema mentre guardava infastidito la trasposizione cinematografica del suo romanzo Sputerò sulle vostre tombe, l’unico che ebbe successo commerciale pur essendo nato come parodia degli hard-boiled americani.

La Grande Mela e il cowboy

Tradotto in italiano col titolo Un uomo da marciapiede, Midnight Cowboy, è una pellicola del 1969 del regista John Schlesinger e vede come interpreti principali Dustin Hoffman e Jon Voight. Il film è sorretto da una bella colonna sonora impreziosita dall’omonimo tema strumentale di John Barry e dal brano Everybody’s Talkin’ di Fred Neil, qui nella versione di Harry Nilsson.

Il tema del film sarà ripreso nel 1992 anche dai Faith No More nel loro ottimo Angel Dust.

La repubblica del prog

I Tasavallan Presidentti, letteralmente il Presidente della Repubblica, sono stati tra i maggiori gruppi progressive finlandesi. Fondati nel 1969 dal chitarrista Jukka Tolonen e dal batterista Vesa Aaltonen e da un paio di membri dei Blues Section, Måns Groundstroem e Frank Robson, esordiscono lo stesso album con un album eponimo ma è del 1972 la loro prova migliore rappresentata dal disco Lambertland con  Eeri Raittinen alla voce al posto di Robson e Pekka Pöyry ai fiati. Ottimo disco con in evidenza la pastorale Last Quarters che tanto mi fa pensare ai R.E.M. di Michael Stipe.

Il ritmo lento della tartaruga

L’esordio dei chicagoani Tortoise è già lontano un quarto di secolo, il singolo d’esordio, Mosquito, è infatti datato 1993.  Risale all’anno seguente invece l’esordio sulla lunga distanza con l’eponimo Tortoise, pubblicato dalla Thrill Jockey. Doug McCombs, John Herndon, John McEntire, Bundy Brown (questi ultimi due reduci dall’esperienza dei Bastro) e Dan Bitney cominciano a confezionare la preziosa miscela di jazz, elettronica, dub che farà scuola e che dal ventoso Illinois si diffonderà per tutto il globo con l’etichetta stretta di post-rock.

Il terzo orecchio

La Third Ear Band nasce in quel ricettacolo di meraviglie che fu l’UFO Club di Londra, un locale durato poco meno di un anno ma sul cui palco si alternarono  più volte Pink Floyd, Soft Machine, Tomorrow, Arthur Brown e compagnia cantante. Ciò che distingueva la Third Ear Band era l’inconsueta strumentazione più idonea a un ensemble da camera che a un gruppo rock:  oboe, viola, violoncello.

Due anni dopo la chiusura dell’UFO, siamo nel 1969,  arriva il disco d’esordio, Alchemy, cui seguirà l’anno dopo il secondo, omonimo album, che rimarrà come uno dei frutti più maturi e succosi della psichedelia britannica. L’album è composto da quattro lunghe tracce dedicate ai quattro elementi della tradizione  aristotelica in cui si incontrano, dando vita a un’ottima miscela, suoni orientali ed occidentali.

Il West con le treccine

Sergio Leone ed Ennio Morricone hanno reinventato il Far West. Inventando un’America più reale di quella vera. Gli spaghetti-western in campo cinematografico e musicale hanno fatto proseliti dappertutto contagiando pure la patria del reggae e del dub: la Giamaica. Così negli anni ’70 anche gli artisti caraibici si sono lasciati conquistare dalle atmosfere western de noantri a cominciare dagli Upsetters di Lee ‘Scratch’ Perry. The big gundown – reggae inspired by Spaghetti Westerns’ è una antologia dell’etichetta Trojan che testimonia questo curioso filone musicale.