1784. L’architetto francese Etienne-Louis Boullée progetta un cenotafio per Isaac Newton. Utopico omaggio illuminista al genio inglese, un’immensa sfera cava del diametro di 150 metri con un gigantesco globo al centro a fare per riflessione le veci del Sole.
1998. La band dei Croma licenzia Discromatopsia. Strumentazione classica, recitato alla Emidio Clementi, nella lunga Cenotaphé a Newton rievocano l’utopia di ogni ragione.
Uno dei miei dischi preferiti dell’anno. La rodata coppia Blixa Bargeld e Teho Teardo trova con Christian & Mauro la giusta quadra. Non so se il titolo dell’album rappresenti una presa di distanza dalle loro esperienze musicali ma lo trovo il lavoro più coeso ed omogeneo del duo. Non che i precedenti album non fossero di assoluto valore ma qui archi, elettronica e parole, in italiano, inglese e tedesco si incastrano perfettamente tra riflessioni su quella materia oscura che è il tempo e la morte senza rinunciare all’ironia, come il riferimento alla teoria del Big Cake, l’universo che lievita, citato in Dear Carlo (Rovelli) qui emerito fisico e pasticciere.
A Berkeley c’è la sede della University of California, e lì nel ribollire degli anni sessanta si formarono i Kaleidoscope di David Lindley, Fenrus “Maxwell Buda” Epp, Chris Darrow, Solomon Feldthouse e John Vidican.
Il loro folk psichedelico attinge a piene mani dalla tradizione mediorientale grazie anche all’uso di strumenti tipici in cui eccelle il buon Lindley. Scherzi delle omonimie a Berkeley ha lavorato anche il fisico e scrittore David Lindley, autore in particolare delle biografie di Lord Kelvin e di Ludwig Boltzmann. E chissà cosa penserebbe dal punto di vista antropico della musica dei Kaleidoscope il Boltzmann, che in California ci arrivò nel 1899 e di quella visita ha lasciato un breve e interessantissimo diario, pubblicato come Viaggio di un professore tedesco all’Eldorado: aumenta il disordine oppure no?.
Thomas Edison è ritenuto, a torto, il padre della lampadina: rubò l’idea a Henrich Goebel. Ma si macchiò di ben altri delitti, compreso quello dell’elefantessa Topsy arrostita da una rudimentale sedia elettrica nel tentativo di screditare il sistema di trasmissione in alternata del rivale Nikola Tesla. Tra i vari crimini perpetrati dal nostro, sordo d’orecchio ma lesto di mano, c’è anche il primo caso di pirateria della storia del cinema: suoi agenti corruppero un impresario teatrale di Londra ottenendo una copia della pellicola di George Méliès ‘Le voyage dans la Lune‘ liberamente ispirato ai racconti di Jules Verne e ritenuto il capostipite del genere fantascientifico. Grazie all’ennesima azione ribalda Edison poté stampare centinaia di copie e smerciarle ai teatri newyorkesi senza che il povero Méliès ne potesse ricavare neanche un nichelino.
Nel 1995 gli Smashing Punpkins omaggeranno Méliès nel video di Tonight, tonight tratto da Mellon Collie and the infinite sadness ultimo disco degno di nota per Billy Corgan e soci, purtroppo usciti stremati e prosciugati nell’ispirazione da quel presuntuoso doppio album arrivato dopo i fasti dell’ottimo e più coeso, conciso e fragoroso Siamese Dream. Nell’album era contenuta quella Rocket il cui video già testimoniava la voglia di viaggiare nello spazio.
Seymon Davidevic Kirlian era un semplice elettricista autodidatta di Krasnodar, in Unione Sovietica. Per imperizia, mentre riparava un generatore, fu colpito da una scossa elettrica. Avendo visto sprigionarsi dalla sua mano un arco elettrico colorato decise di ripetere l’esperienza e di immortalarla su una lastra fotografica. Scoprì che le parti del corpo umano fotografate emanavano un’aura che assumeva, a seconda della pellicola utilizzata, colori diversi. Di quello che è noto oggi come effetto Kirlian se ne appropriarono i pranoterapeuti per propagandare le loro teorie sui flussi di energia.
Kirlian photograph è anche il pezzo che apre Mix-up il primo disco dei Cabaret Voltaire, gruppo di Sheffield, alfieri, come i concittadini Clock DVA, di un post-punk dai connotati elettronici e industriali.
Anche in Italia c’è chi si è ispirato allo strano effetto, come i Kirlian Camera, attivi con il loro synth-pop dagli anni ’80 e che sono stati la prima band italiana arruolata dalla Virgin e, in tempi recenti, il poco noto trio dei Kirlian. Originari di Treviso hanno pubblicato l’interessante album strumentale A.U.R.A.L. nel 2015.
Con effetto farfalla si indica quel processo per il quale piccole variazioni delle condizioni iniziali portano dopo un certo tempo le stesse equazioni differenziali a soluzioni divergenti. Sembra figlia del butterfly effect questo maltrattamento dell’opera di Puccini da parte di Pauline Oliveros, una delle pioniere della musica elettronica scomparsa lo scorso anno.
Nata in Texas nel 1932, spesso e volentieri effigiata con la sua fisarmonica, è stata soprattutto compositrice e teorica musicale. Fondatrice negli anni sessanta del San Francisco Tape Center e poi insegnante universitaria giunse alla definizione di coscienza sonora, teoria in cui confluivano elementi tipici delle filosofie orientali mutuate dalla sua passione per il karate di cui era cintura nera. Caverne, cattedrali, cisterne abbandonate divennero i luoghi ideali dove far riverberare incontri e scontri di dense masse sonore le cui piccole variazioni sono capaci di generare quell’effetto farfalla che il meteorologo Edward Lorenz probabilmente rubò a un racconto di Ray Bradbury, il celebre scrittore di fantascienza autore di Fahrenheit 451.
Heisenberg non è un Cristo buono per tutti. E la cosa più seria che si può dire parafrasando Schroedinger è che non si può dire se la classica scatola di latta rotonda contiene i biscotti danesi al burro oppure ago, filo, cotone e qualche bottone spaiato finché non la si è aperta. E last but not least sapere che E=mc2 è l’equazione di Einstein non presuppone che si possa relativizzare questo e quello a piacimento.
I testi di divulgazione scientifica (o presunti) infestano le librerie e mai che parlassero di fisica classica: ha troppo poco appeal il rigore della fisica ottocentesca. Le difficoltà concettuali e i paradossi della fisica moderna consentono invece a troppi cialtroni di sentirsi autorizzati a parlare di fisica e far passare come cosa scientifica le peggiori asinate. E la tecnologia non aiuta a salvaguardare i saperi ma solo a intorbidire le acque con mille rivoli tossici.
Così devo scontrarmi con chi tira in ballo il mio Giordano Bruno e cerca di farmi passare per novello inquisitore nei confronti di tal Masaru Emoto, nipponico fortunatamente deceduto da qualche anno e quindi impossibilitato a dire ulteriori minchiate. I cristalli di ghiaccio, secondo i miei interlocutori, risponderebbero in maniera diversa se sollecitati con belle parole digitate su un telefono cellulare. Questioni di frequenze dicono, bontà loro che approfittano del fatto che non posso condannarli al rogo. E rimango col mio furore sordo ad alto volume e bassissime frequenze sulle note indeterminate di un altro Heisenberg, moniker estemporaneo del finlandese Sasu Ripatti alias Vladislav Delay in compagnia di Max Loderbauer (Moritz von Oswald Trio).