Musica per l’Europa che non c’è più

Non riesco a leggere il libro Galizia. Viaggio nel cuore della Mitteleuropa di Martin Pollack senza la compagnia della musica di Zev Feldman e Andy Statman. Il libro segue le tracce di quella propaggine d’Europa ai bordi dell’impero asburgico travolta dagli eventi tragici del novecento e ne riporta  a galla le storie così come nel ’79 Zev Feldman, studioso di musica ottomana e Andy Statman, clarinettista newyorkese ripescano la tradizionale musica klezmer. Jewish Klezmer Music è il loro disco di esordio e si apre proprio con una Galitsianer Tantsel.

Qui il video di una esibizione del duo nel novembre del 1978, un concerto di tributo al maestro di Statman, Dave Tarras.

Tutta la violenza della matematica

Successioni numeriche, progressioni aritmetiche e geometriche, c’è tutta la violenza della matematica nella musica dei californiani Drive Like Jehu. Due album per il quartetto di San Diego, l’omonimo del 1991 e ‘Yank Crime’ del 1994 che rinverdivano i fasti di band come Slint, Fugazi, Jesus Lizard. Un math-rock dove la precisione chirurgica delle esecuzioni non andava mai a scapito della visceralità della loro miscela sonora.

La tenacia dell’asino

In maliano ‘Farka’ vuol dire asino. Questo fu il soprannome scelto dalla famiglia per il piccolo Alì, decimo figlio e l’unico capace di sopravvivere oltre l’infanzia. Asino, animale tenace come la gente che popola le regioni subsahariane. E la musica di queste regioni non può definirsi in altro modo che blues, quello inestirpabile delle origini, linguaggio universale della sofferenza.
Alì Farka Touré è nato in Mali nel 1939 ed è morto nel 2006 per un tumore alle ossa. E’ stato capace di superare i confini del Mali e attirare l’attenzione dell’Europa e del mondo compresa quella di prestigiosi musicisti come il chitarrista americano Ry Cooder, lo stesso che in compagnia di Wim Wenders andò a riscoprire i musicisti del son cubano regalando fama e notorietà ai magnifici ottuagenari dei Buena Vista Social Club. E con Ry Cooder, Alì ha registrato nel ’94 l’ottimo Talking Timbouctu. Qui invece posto The River, registrato nel ’90 in duo con Amadou Cissé.
https://www.youtube.com/watch?v=qI_h49D1xo8&t=1209s

La morte al lavoro

Formazione a mezza via tra il progressive dei settanta e la new wave dei primi anni ottanta, i bresciani Art Fleury comincaino la carriera aprendo il concerto degli Area al parco Lambro di Milano quando ancora si chiamano AMG (dalle iniziali dei tre membri fondatori) e facendo da spalla agli Henry Cow durante i loro concerti italiani. Dopo un 45 giri d’assaggio intitolato ‘L’overdose‘ nel 1980 esordiscono sulla lunga distanza con  ‘I luoghi del potere‘ disco strumentale vicino al Rock In Opposition del gruppo di Frith e soci. Poi allargano la formazione e si avvicinano a sonorità molto più new wave ma ancora originali e dagli spunti interessanti come la scanzonata e sbarazzina ‘U.K. is dead’. Da riscoprire.

La schiuma dei giorni cattivi

Un disco di ventotto tracce suonate in trentatré minuti non è record ma poco ci manca. Ma al di là del dato statistico, Scum, l’album d’esordio dei Napalm Death, uscito nel 1987, è un concentrato di cattiveria senza pari in cui viene alzata l’asticella dell’hardcore fino ad arrivare al grindcore, dove to grind è verbo inglese che sta per polverizzare, macinare, frantumare. Questi i verbi coniugati nel disco del gruppo instabile anche nella formazione tanto da vedere sul lato A il trio composto da Mick Harris (poi Painkiller, Scorn e tanti altri), Nicholas Bullen (con Harris negli Scorn) e Justin Broadrick (poi Godflesh) e sul lato B del vinile un quartetto con ancora Harris in compagnia di Lee Dorian (poi Cathedral), Bill Steer (poi Carcass) e Jim Whitely.

Alta tensione

Non seguo gli AC/DC da secoli. Tempo fa mi fece sorridere la notizia che uno dei due fratelli Young, Malcolm, era stato sostituito da uno dei nipoti della loro numerosa famiglia di origini scozzesi trapiantata in Australia dagli anni ’50: forse l’inizio di successione ereditaria per una delle piú fortunate sigle del rock? E non sarebbe meglio vedere i nipotini piuttosto che nonno Angus in divisa da scolaretto?

Oggi ho appreso della morte di Malcolm e cosí é doveroso celebrare gli AC/DC: la sigla dei convertitori di corrente con quel mimaccioso fulmine nel mezzo era perfetto biglietto da visita di quel camion carico di elettricitá. Ricordo la cassetta del live di Donington, musica rozza, poco educata, quella che a volte ci vuole per cortocircuitare le orecchie e agitare le braccia.

Dentro di me come l’Alta Marea

Il titolo è solo uno scherzo, non ho intenzione di scrivere di quel cantautore lì, ma di un gruppo, gli High Tide, che in un mondo migliore avrebbe avuto maggior fortuna di quel cantautore lì e che nell’imberbe gioco della traduzione letterale diventano appunto gli Alta Marea.

Un maelstrom sonoro dominato dal violino di Simon House e dalla chitarra di Tony Hill ben illustrato dall’indiavolata cavalcata di Death Warmed Up. Soli due dischi editi dalla Liberty (Sea Shanties, del ’69 e l’eponimo High Tide, del ’70) cui le etichette hard-rock, psichedelia, progressive vanno tutte bene e al contempo tutte strette.

Pier Paolo psichedelico

C’è lo zampino di Pier Paolo Pasolini in Danze della sera, singolo di Chetro & Co., piccolo gioiellino di psichedelia datato 1968. Chetro & Co. era il duo formato da Ettore De Carolis e Gianfranco Coletta.  L’unica incisione del duo è questo singolo il cui testo riprendeva versi di una poesia di Pasolini, intitolata Notturno. La B-side Le pietre numerate era un omaggio testuale alla Milestones di Miles Davis. Singolare l’uso della violaccia da parte di De Carolis, uno strumento ad arco di sua invenzione dal suono simile a quello della gironda provenzale.

La guerra fredda

Il post-punk britannico attecchì rapidamente in Francia e Siouxie fu la madrina riconosciuta della scena locale etichettata come cold-wave. A Lille si formò il quartetto dei Guerre Froide che vivacchiò un paio d’anni al principio degli ottanta: un tour, un album (Cicatrice) e un 12″ eponimo. Tempo di guerra fredda e di blocchi contrapposti, forte l’immaginario del Muro e della capitale tedesca divisa, fresca la lezione della trilogia berlinese di Bowie: il 12″ conteneva l’ottima Demain Berlin che in tempi di Youtube è ritornata a galla dando alla band di Yves Royer, Gilbert Deffais, Patrick Mallet e Fabrice Fruchart la celebrità postuma.

La bellezza convulsiva di Nadja

Licht è il documento sonoro di alcune esibizioni live della formazione degli ALU tenute tra Belgio, Olanda e Germania nel febbraio del 1982. Un interessante punk sintetico ad opera di due vecchie glorie del krautrock, Ludwig Papenberg e Hannes Vesten, titolari dei Sand, band che in vita realizzò il solo ottimo album Golem nel 1974. Gli ALU, nascono quando ai due, che nel frattempo avevano fondato una propria etichetta discografica, si unisce la cantante Nadja Moldt. Scaricata la psichedelia, già intrisa di elettronica, dei Sand fa posto un convulso punk dominato dalla voce allucinata di Nadja. Nonostante le inevitabili pecche dovuta alla registrazione dal vivo merita sicuramente l’ascolto.