Rivolo sonoro

In danese, svedese e norvegese Å è l’ultima lettera dell’alfabeto. Come parola in sé significa piccolo corso d’acqua. Ed è un  rivolo sonoro quello del terzetto veronese composto da Stefano Roveda (violino, piano, kalimba, sinth, theremin, percussioni, chitarra, cetra, caos pad, contrabasso, voce), Andrea Faccioli (chitarra, cetra, kalimba, piano, percussioni, voce) e Paolo Marocchio (batteria, percussioni, kalimba, cello, voce, piano, flauto, effetti) che nel 2006 incidono un disco strumentale arrangiato dal musicista di origine basche Xabier Iriondo (Afterhours, A Short Apnea, Six Minute War Madness e tantissimi altri progetti) per la milanese Die Schachtel, etichetta specializzata nel recupero dei musicisti d’avanguardia.

Un lungo flusso sonoro che rapisce e trasporta in mille luoghi senza mai fermarsi da nessuna parte. I titoli non facilitano il compito: sono lo spezzettamento di un brano estrapolato da Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon.

L’avventura degli  Å pare cominciare e finire con questo disco, ed è un vero peccato.

Tintinnabuli

Non sarebbe stato difficile per gli apostoli aver vissuto nell’Unione Sovietica. Lì ci sono persone meravigliose come loro

Il 1977 è l’anno del punk. Johnny Rotten canta ‘Io sono l’anticristo’.  L’Estonia invece è ancora una delle quindici repubbliche dell’URSS. Arvo Pärt, dopo sette anni di silenzio, stanco della dodecafonia e della musica atonale, ricomincia a comporre. Riparte dalla musica sacra. La scompone, la semplifica. Ricerca una continua riduzione ai minimi termini. Ne uscirà Tabula Rasa. Un’opera di una sacralità tutta umana, fatta di boschi e montagne affacciate sul mare nell’ora del tramonto.

Ho incontrato la musica di Arvo Pärt per puro caso, parecchi anni fa. Fu amore all’istante per una musica impalpabile come un soffio ma capace di travolgere l’anima. Anche di un essere musicalmente incolto come il sottoscritto. Facile entusiasmarsi per il ritornello punk. Per i due-accordi-due e le quattro parole vomitate addosso al pubblico. È musica che si ascolta con la pancia, buona per mettere in subbuglio le viscere ma ancora troppo in basso per raggiungere mente e cuore.

 Nato nel 1935 a Paide, un minuscolo paesino della piccola repubblica baltica, comincia a suonare gli strumenti che aveva in casa e che la seconda guerra mondiale aveva dimenticato di prendere: il pianoforte, l’oboe, le percussioni. Dal 1958 comincia a comporre le prime opere seguendo le prime avanguardie del novecento: serialità, atonalità, dodecafonia. Comincia ad avere molti attestati di stima di qua e di là della cortina di ferro. Poi il lungo silenzio che lo porterà alla creazione dei tintinnabuli.

 “I tintinnabuli sono una zona in cui a volte vago quando sto cercando delle risposte -sulla mia vita, sulla mia musica, sul mio lavoro. Nelle mie ore buie, ho la certa sensazione che ogni cosa al di fuori di questa unica cosa non ha significato. La complessità e la multisfaccettatura mi confondono solamente, e devo ricercare l’unità. Ma cos’è questa unica cosa? E come posso trovare la mia strada verso di essa? Tracce di questa cosa perfetta appaiono in molte sembianze – ed ogni cosa che non è importante scivola via. Tintinnabuli è così. Eccomi solo col silenzio. Ho scoperto che è abbastanza quando anche una sola nota è magnificamente suonata. Questa unica nota, o un battito calmo, o un momento di silenzio, mi confortano. Lavoro con pochissimi elementi – una voce, due voci. Costruisco con i materiali più primitivi – con l’accordo perfetto, con una specifica tonalità. Tre note di un accordo sono come campane ed è perciò che chiamo questo tintinnabuli“.

 Il Cantus in memoriam Benjamin Britten è il primo risultato di questo nuovo modo di procedere cui seguiranno i due magnifici movimenti di Tabula Rasa, Ludus e Silentium, e poi negli anni dopo l’abbandono forzato dell’Unione Sovietica, dove la musica del grande compositore estone diviene motivo di ostracismo ed ostilità, altre grandi composizioni come Fratres, Spiegel im Spiegel, Festina Lente, Für Alina fino alle composizioni di musica sacra, genere quasi dimenticato per i musicisti dell’ultimo secolo.

 Una musica ottima per difendersi dal rumore che sovrasta quotidianamente ogni azione e che si amplifica nel formicaio impazzito degli ultimi giorni dell’anno.

Gotico americano

Il dark o gothic è stato un fenomeno musicale prettamente europeo. Uno dei pochi gruppi provenienti da oltreoceano, da San Francisco, furono i Tuxedomoon che dopo l’ottimo Half-Mute, nel 1980, si trasferirono, visto lo scarso successo commerciale, in Europa dove trovarono maggiori estimatori: i synth, il sax, il violino, l’uso della voce davano alla musica dei Tuxedomoon un aspetto del tutto originale e disturbante che continuerà nelle prove successive pur non raggiungendo i vertici di Half-Mute e del seguente Desire (1981).

 

Rifiuti organici

“Per consolarci frughiamo tra i nostri escrementi, fisici o letterari. La merda è una certezza. Bene o male, siamo noi a farla.” (Ennio Flaiano)

A metà anni settanta era chiaro che i tessuti musicali, incancreniti andavano verso il disfacimento. Nel terreno di coltura patrio cellule impazzite ripartivano dai bisogni elementari: merda, sangue, sperma. La rivolta del punk passava più autenticamente da musicisti irregolari come Mauro Pelosi piuttosto che dai più celebrati, e per certi versi costruiti a tavolino, Sex Pistols.

A volte è meglio tacere

Non ho mai scritto dei californiani Chrome di Helios Creed. C’è una ottima recensione di Francesco Nunziata sul sito di Ondarock che consiglio vivamente di leggere. E poi c’è il disco, Half Machine Lip Moves, anno 1979, un concentrato micidiale di generi tra brandelli di psichedelia, garage e i nuovi modi del punk e dell’industrial. Da sentire e basta.

 

L’importanza della Consonanza

Ribattezzatosi per l’occasione The Group, il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza registra nel 1970 questo disco sospeso tra jazz, avanguardia e psichedelia. Ennio Morricone si traveste da Miles Davis e con la sua tromba sottolinea i fraseggi di Franco Evangelisti, Mario Bertoncini, Walter Branchi, Bruno Battisti D’Amario, Egisto Macchi, Renzo Restuccia e John Heineman. L’intellighenzia della musica sperimentale e d’avanguardia italiana in uno scenario di jungla forato dagli stridii degli uccelli meccanici in copertina.

Ovviamente per avere una ristampa di questo album si è dovuto attendere la bellezza di quarantaquattro anni!

L’esercito del surf

Dennis Wilson è morto annegato nel 1983. Sorte ridicola la sua visto che era uno dei membri fondatori dei Beach Boys. Ma i Beach Boys c’entravano poco con l’immaginario cinematografico di ‘Un mercoledì da leoni’Il nome del gruppo in realtà fu un’azzeccata mossa di marketing del produttore Hite Morgan. Con il disappunto della band che aveva deciso di chiamarsi The Pendletons. Finirono così a far parte dell’esercito del surf-rock californiano loro malgrado. Tanto che, quando Brian Wilson realizzò il capolavoro ‘Pet Sounds’, fu osteggiato dai suoi stessi discografici che volevano un album meno triste. Ma il sensibile Brian Wilson si era accorto da un pezzo che il sogno californiano era finito sotto le ondate sempre più disastrose della guerra in Vietnam.
Negli anni novanta è toccato a una band dell’Alabama rinverdire i fasti del surf-rock che aveva avuto in Dick Dale il padre più illustre. Un surf-rock futuribile e fantascientifico, ma di quella fantascienza di cartapesta degli anni sessanta dai pochi effetti speciali e tutti molto low-cost. Questo sono stati quei mattacchioni dei “Man or Astro-man?”

Carneadi industriali

Quando nel 1984  viene dato alle stampe Kühe in 1/2 Trauer il collettivo tedesco P16.D4 è già attivo da sei anni. Anni di passaggio tra l’età dell’oro del krautrock e la Deutsche Neue Welle (la new wave tedesca). Achim Szepanski, Ewald Weber, Gerd Poppe, Ralf Wehowsky e Roger Schönauer assemblano un capolavoro in cui convergono nuove e vecchie tendenze oltre alle istanze avanguardistiche di Stockhausen. Un capolavoro di cui all’epoca, e anche dopo, si accorgeranno in pochissimi. Ascoltare la traccia “He’s Afraid Of The Way The Glass Will Fall – Soon: It Will Be A Spectacle: The Fall Of A Crystal Palace But Coming Down In Total Blackout, Without One Glint Of Light, Only Great Invisible Crashing” per credere.

I surfisti di quel posto

“There’s a time to shit and time for God”

Eredi della più sballata psichedelia texana (cito Red Crayola e The 13th Floor Elevators ma ci sarebbe  tutto un sottobosco da scoprire), i Butthole Surfers – sì, i surfisti di quel posto lì – hanno descritto una parabola la cui fase ascendente è stata punteggiata da usa serie di dischi splendidi ed oltraggiosi. Ho scritto eredi della psichedelia ma con i piedi mal piantati nell’hardcore più fangoso e viscerale. Il primo EP eponimo esce per la Alternative Tentacles di Jello Biafra dei Dead Kennedys nel 1983, poi due LP devastanti per la Touch & Go, Psychic Powerless (1984) e Rembrandt Pussyhorse (1986) sono campionari di volgarità e temi grotteschi eppure capaci di entrare in territori avanguardistici con i loro collage di rumori non di rado oscenamente organici. Questi gli episodi imperdibili di una carriera che andrà avanti per un altro decennio di continuo sberleffo per tutto e tutti.

 

Terra d’ombra

La terra d’ombra (o d’Umbria) è un ossido idrato di ferro o manganese usato come pigmento. In inglese la terra d’ombra è denominata umber come il capolavoro dei seminali Bitch Magnet. Colore che ben si addice alla musica di un album che dalla iniziale Motor alla conclusiva Americruiser non conosce pause e traccia, siamo nel 1989, le strade per il rock a venire, che sia math-rock, post-hardcore o quant’altro volete.