L’orecchio è esposto e vulnerabile (Made in Japan #23)

A differenza dell’occhio che può essere chiuso o puntato altrove l’orecchio è esposto e vulnerabile. E’ a questa vulnerabilità che si rivolgeva il suono (e il non suono) di Satoshi Ashikawa, produttore e compositore che licenziò, prima di morire in un incidente, tre dischi per la serie Wave Notation dell’etichetta Sound Process raccolti: Music for Nine Postcards di Hiroshi Yoshimura, Still Way dello stesso Ashikawa e Eric Satie del pianista Satsuki Shibano a reinterpretare brani del musicista di Honfleur. I brani di Still Way per piano, vibrafono, arpa e flauto sono delicati acquerelli sonori sospesi in uno spazio atemporale.

Spazio profondo

Dal punto di vista economico il terzo e ultimo festival dell’isola di Wight, nel 1970, si rivelò come il più disastroso dei fallimenti. Ma nei cinque leggendari giorni di musica si alternarono Jimi Hendrix (e fu la sua ultima apparizione prima della morte), Doors, Miles Davis, Who, Leonard Cohen, Joni Mitchell, Donovan, ELP, Joan Baez, Ten Years After, Jethro Tull, Free, Moody Blues, Family, Procol Harum, Gilberto Gil, Black Widow, Pentangle, Richie Havens, Sly & The Family Stone, Supertramp e tanti altri. C’erano a suonare, ma solo fuori dai cancelli da bravi indesiderati, anche i rozzi Hawkwind di Dave Brock. La stagione hippie era al tramonto e si portava via le good vibrations, nella psichedelia degli Hawkwind subentravano quei bad trip che prendevano forma attraverso massicce dosi di hardrock unite ai testi fantascientifici, ai lightshow e alla giunonica Stacia che durante un concerto salì sul palco, si spogliò, si dipinse il corpo e cominciò a danzare divenendo ipso facto un membro del gruppo.

Space ritual, doppio LP del 1973 (con Lemmy al basso, dopo l’esperienza con i Sam Gopal e prima dei Motorhead), catturò dal vivo il loro devastante potenziale space-rock dopo tre ottimi album: l’omonimo Hawkwind (1970), In Search of space (1971) e Doremi Fasol Latido (1972).

Disturbo bipolare

Una vita sospesa tra gli opposti e dalle multiple personalità: questo è James Siegfrid, cantante e sassofonista al pubblico noto come leader dei James Chance & The Contortions e dei James White & The Blacks. Oppure dei The Flaming Demonics, o dei James Chance & the Sardonic Symphonics, o ancora dei James Chance and Terminal City. E non meno disturbata e disturbante è la musica sospesa in maniera spericolata tra jazz e no wave, tra Ornette Coleman e James Brown. Ma erano tempi ricchi di incroci impossibili quelli della Grande Mela di fine anni settanta!

Il canto della sirena

Inseriti a torto nel calderone post-rock, gli australiani Dirty Three del violinista Warren Ellis, in seguito sodale di Nick Cave, hanno portato in musica i loro paesaggi sonori dagli scenari assolati e desertici dell’album d’esordio, Sad and dangerous, fino al capolavoro marinaresco Ocean songs, un concept dedicato al mare. Un’esplorazione sonora che vive nella continua tensione tra misticismo e depravazione.

L’apertura popolare

Tra le venti possibili mosse con cui il bianco può aprire una partita a scacchi la più popolare è quella che vede avanzare di due case il pedone di re ovvero dalla posizione e2 alla posizione e4.

Manuel Göttsching scelse una scacchiera come copertina del suo album solista, nato come esperimento casalingo nel dicembre del 1981 e pubblicato solo tre anni dopo. Il musicista tedesco, leader degli Ash Ra Tempel, una delle massime espressioni del krautrock, aveva cominciato a dilettarsi con i sintetizzatori e quasi per gioco sfornò un’ora di elettronica che ruotava attorno a un paio di Mi ( E2 ed E4 se si usa la notazione letterale delle note musicali). Con sua sorpresa diventò un brano di successo nei club disco di New York e Detroit.

Il labirinto dei Dedalus

Gruppo di Pinerolo guadagnatosi la presenza nella Nurse With Wound list grazie a due eccellenti album, l’eponimo del 1973 e Materiale per tre esecutori e nastro magnetico del 1974, i Dedalus passarono dal jazz-rock degli esordi a territori elettronici e d’avanguardia. Difficile preferire l’uno o l’altro, ottimamente suonati, più originale sicuramente il secondo quando il gruppo da quartetto si era ridotto a trio.

Suoni carnascialeschi

Nel 1979 Mauro Pagani, reduce dai P.F.M. e dalla prima uscita solista, si unisce ai Canzoniere del Lazio di Pasquale Minieri e Giorgio Vivaldi per formare un vero e proprio supergruppo: a loro si uniranno infatti i membri degli Area di Demetrio Stratos e jazzisti del calibro di Maurizio Giammarco, Danilo Rea e Roberto Della Grotta. Battezzatisi Carnascialia incideranno un disco e suoneranno dal vivo per un paio di tournée. Uno splendido incrocio di folk, jazz e progressive.

 

Lo strappacuore

Sono solo due le cose che contano: l’amore, in tutte le sue forme, con belle ragazze, e la musica di New Orleans e di Duke Ellington. Tutto il resto è da buttar via, perché è brutto…” (Boris Vian, dalla prefazione a ‘L’Écume des Jours‘)

Nel primo dopoguerra l’emittente radiofonica newyorkese WNEW trasmise per 48 puntate il programma Jazz in Paris curato dallo scrittore e poeta francese Boris Vian. L’intento era quello di presentare al pubblico americano il jazz francese: arrivarono anche così alle orecchie d’oltreoceano le note di Django Reinhardt, Stephane Grappelli, Claude Luter. Peccato che nessuna registrazione si sia salvata ma fortunatamente rimangono i testi preparati da Vian per le trasmissioni. Ma lo stesso inesauribile Vian oltre che critico musicale fu lui stesso musicista e paroliere, surreale e antimilitarista. Una vita troppo intensamente vissuta e stroncata il 23 giugno del ’59, 59 anni fa, da un infarto che lo colse al cinema mentre guardava infastidito la trasposizione cinematografica del suo romanzo Sputerò sulle vostre tombe, l’unico che ebbe successo commerciale pur essendo nato come parodia degli hard-boiled americani.

La Grande Mela e il cowboy

Tradotto in italiano col titolo Un uomo da marciapiede, Midnight Cowboy, è una pellicola del 1969 del regista John Schlesinger e vede come interpreti principali Dustin Hoffman e Jon Voight. Il film è sorretto da una bella colonna sonora impreziosita dall’omonimo tema strumentale di John Barry e dal brano Everybody’s Talkin’ di Fred Neil, qui nella versione di Harry Nilsson.

Il tema del film sarà ripreso nel 1992 anche dai Faith No More nel loro ottimo Angel Dust.

La repubblica del prog

I Tasavallan Presidentti, letteralmente il Presidente della Repubblica, sono stati tra i maggiori gruppi progressive finlandesi. Fondati nel 1969 dal chitarrista Jukka Tolonen e dal batterista Vesa Aaltonen e da un paio di membri dei Blues Section, Måns Groundstroem e Frank Robson, esordiscono lo stesso album con un album eponimo ma è del 1972 la loro prova migliore rappresentata dal disco Lambertland con  Eeri Raittinen alla voce al posto di Robson e Pekka Pöyry ai fiati. Ottimo disco con in evidenza la pastorale Last Quarters che tanto mi fa pensare ai R.E.M. di Michael Stipe.