Patafonie

Se la patafisica, fondata da Alfred Jarry, è la scienza delle soluzioni immaginarie allora la patafonia è ricerca di suoni inauditi. I Pataphonie sono un quartetto francese composto da André Viaud, Bernard Audureau, Gilles Rousseau e Pierre Demouron autori di due LP nella seconda metà dei settanta.  Se il secondo, Le Matin Blanc, è orientato su suoni affini ai King Crimson di Red, è il primo, l’omonimo, oscuro, Pataphonie, formato da due lunghi inquieti e stranianti episodi strumentali a farli entrare nella Nurse With Wound list dal portone principale.

La cospirazione del burro d’arachidi

Non si può che volere bene a una band che sceglie di chiamarsi The Peanut Butter Conspiracy. Figlia minore della psichedelia californiana la band losangelina registra tre godibili album tra il 1966 e il 1970 con la piccola gemma di Turn on a Friend che apriva il loro secondo album.

Improvvisazioni per ebdomanari

Uno dei tanti misconosciuti gioielli della Nurse With Wound list. Anno 1976: il settimanale comunista Politique Hebdo organizza una festa a Lione che vede la creazione collettiva e spontanea di diciotto musicisti provenienti da quella terra di mezzo tra jazz e avanguardia. Un’unica prova, con ragione sociale Opération Rhino, tutta da ascoltare.

Lou fa il lo-fi

Il punto più alto (o meglio sarebbe dire più basso) del loro travagliato rapporto di vittima e carnefice si consumò quando il tiranno J Mascis ordinò sadicamente al povero Lou Barlow di urlare a ripetizione e fino allo sfinimento quel “Why don’t you like me?” che chiude l’album Bug, secondo e ultimo capolavoro dei Dinosaur Jr dopo You’re living all over me. I due con il batterista Murph, altra vittima del despota J, avevano ridefinito un nuovo sound chitarristico ipercinetico e dai volumi insostenibili. Scrollatosi di dosso l’ombra pesantissima del chitarrista, Lou cominciò a percorrere tra luci ed ombre la strada del lo-fi con i suoi Sebadoh.

Concerto in versi

Uscito nel 2001, unitamente al libro Carte da decifrare edito da Einaudi, il Concerto in versi di Ivano Fossati con la bravissima attrice teatrale Elisabetta Pozzi, e un contorno di ottimi musicisti, presenta un gustosissimo mix di musica e letteratura. Letture magistralmente interpretate secondo un registro ora comico ora drammatico che vanno da T. S. Eliot a Edoardo Sanguineti, da Alfredo Giuliani a William Shakespeare si accompagnano ad alcuni brani del cantautore ligure. Un prodotto da sottobosco letteral-musicale molto ben nascosto ma delizioso.

Attenti al lupo

Moanin’ in the moonlight esce nel 1959 per l’etichetta Chess. In copertina c’è un lupo che ulula: il blues agreste e campagnolo del delta del Mississippi è risalito verso le periferie metropolitane raccogliendo tutte le inquietudini e il malessere delle classi nere operaie. E’ il primo album di Howlin’ Wolf, un imponente omone sulla soglia dei cinquant’anni che porta da decenni il suo blues in ogni angolo d’America senza mai averne mai tradito lo spirito. Né lo tradirà in seguito tanto da arrivando a ripudiare un disco come quello  registrato nel ’71 a Londra quando si presentarono in pellegrinaggio alle sessions fior di musicisti come Eric Clapton, Steve Winwood, Ringo Starr, Bill Wyman e Charlie Watts.

L’epifania di Glenn Jones

Non si dovrebbero mai incontrare i propri idoli. Perché la realtà potrebbe fare a pugni con l’immagine che ce ne eravamo fatti e le conseguenze potrebbero essere disastrose. Glenn Jones cresce con il mito di John Fahey. Nel 1989 fonda, già trentaseienne, il gruppo dei Cul De Sac e nel novembre del 1996 ha l’occasione di registrare un disco proprio con John Fahey. L’esperienza sarà traumatica ma, superate le reciproche incomprensioni l’album, intitolato The Epiphany of Glenn Jones, vedrà fortunatamente la luce nel ’97 per la Thirsty Ear.

Passaggio a Nordest

Massimo Silverio compone musica tutt’altro che tradizionale, l’accostamento agli islandesi Sigur Ros o ai Radiopotrebbe essere plausibile, ma scrive i suoi testi in dialetto carnico. C’è voluto Iggy Pop per regalargli un po’ di visibilità, passando un suo brano durante la trasmissione radiofonica di cui è conduttore. Visibilità meritatissima perché il suo album Hrudja uscito nel 2023 è un piccolo gioiello.

L’ora dei fantasmi

Volevo scrivere da tempo di Ghosted, disco del 2022 dell’australiano Oren Ambarchi con Johan Berthling e Andreas Werliin degli svedesi Fire!. Nel frattempo il trio ha dato alle stampe nel 2024 un secondo capitolo, intitolato semplicemente Ghosted II. Due ottimi album strumentali dove chitarra, basso e batteria intessono trame notturne ora più distese ora più nervose ben descritte dalle varie accezioni dell’aggettivo ghosted: fantasma, evanescente, semitrasparente.