Quaranta minuti di canti di uccelli. All’inizio ho pensato alle musicassette che mio nonno, una volta rimasto vedovo e cominciato a peregrinare tra figli e nipoti sparsi per l’Italia, si portava dietro. Seduto, il mangiacassette in grembo, gli occhi socchiusi andava a riascoltarsi il canto dei suoi cardellini che saltellavano nelle anguste gabbiole.
All’inizio pensavo che l’album che stavo ascoltando, del compositore d’avanguardia Walter Marchetti , fosse una semplice registrazione d’ambiente. Invece poi ho scoperto che non si tratta di uccelli ma di richiami per la caccia. Gli esecutori umani della strana orchestra si muovono seguendo la rigorosa partitura con i loro richiami, ora il colombaccio, ora la ghiandaia, quattro passi a destra, cinque a sinistra a ricreare l’artificiale e impossibile voliera.
L’opera fu rappresentata per la prima volta nel dicembre del 1965 e registrata in studio solo nove anni dopo per la coraggiosa etichetta Cramps di Gianni Sassi nel 1975 per l’ostica collana Nova Musicha che raccoglieva le proposte più estreme della casa discografica celebre per aver lanciato gli Area di Demetrio Stratos. “La caccia (da Arpocrate seduto sul loto)” è certamente tra i titoli più singolari del lotto.