L’oceano e Montezuma

Trent’anni fa, studente con sempre pochi spiccioli in tasca, trovai a prezzo d’occasione Zuma di Neil Young. Disco  che quest’anno compie mezzo secolo e che difficilmente troverete citato tra quelli imperdibili nella vasta discografia del loner canadese. Io personalmente lo amo moltissimo. Zuma è un disco vario che passa da pezzi più elettrici in compagnia dei fidati Crazy Horse, qui alla prima volta col chitarrista Frank Sampedro ad episodi più acustici fino alle due perle finali: Cortez the killer, dove la stagione del flower power viene tra sfigurata in una sorta di Eden prima dell’arrivo dei conquistadores europei e la dolcissima Through my sails, avanzo delle escursioni in compagnia di Crosby, Stills e Nash. Da Montezuma all’oceano di Zuma Beach.

Anima l’inanimato

Lisa Gerrard e Brendan Perry arrivano a Londra dalla natia Australia. Messi sotto contratto dalla 4AD registrano il primo disco, omonimo, che vedrà la luce nel febbraio del 1984. Il disco suona gotico, arcano, la voce fuori dal tempo della Gerrard, una maschera rituale della Nuova Guinea in copertina che già indica gli sviluppi world degli anni successivi.

“To understand why we chose the name, think of the transformation of inanimacy to animacy. Think of the processes concerning life from death and death into life. So many people missed the inherent symbolic intention of the work, and assumed that we must be “morbid gothic types”

Working class antihero

Gli Sleaford Mods sono un duo composto da Jason Williamson e da Andrew Fearn. Vedere i loro live è disturbante: il primo lancia invettive, urla, si dimena come una belva ferita, il secondo beve birra, balla e smanetta sul laptop. Stando cosi le cose sarebbero poco più che uno scherzo e invece funzionano alla grande. E un brano (e un video) come quello di Mork n Mindy, in trio  con Billy Nomates, funziona alla stragrande.

Marmi policromi

WadiruM degli Studio Murena è stato uno dei dischi che più ho ascoltato nel 2023. Se già il primo disco, omonimo, con MC Carma alla voce, conteneva ottimi pezzi,  questo WadiruM mantiene un livello altissimo dall’inizio alla fine, compatto come il marmo in copertina, ottimamente suonato e con testi mai banali.

Il monaco in mono

Stanchi di suoni laccati e iperprodotti? Ho scovato un canale Youtube che raccoglie LP di jazz registrati rigorosamente in mono, le prime registrazioni stereo risalgono al 1958, amorevolmente digitalizzati. C’è anche questo LP, uscito nel ’55 per la Blue Note, che  metteva insieme brani registrati tra il ’48 e il ’52, con varie formazioni, da Thelonious Monk, il  “monaco”, e dal grande vibrafonista Bags, al secolo Milt Jackson.

Patafonie

Se la patafisica, fondata da Alfred Jarry, è la scienza delle soluzioni immaginarie allora la patafonia è ricerca di suoni inauditi. I Pataphonie sono un quartetto francese composto da André Viaud, Bernard Audureau, Gilles Rousseau e Pierre Demouron autori di due LP nella seconda metà dei settanta.  Se il secondo, Le Matin Blanc, è orientato su suoni affini ai King Crimson di Red, è il primo, l’omonimo, oscuro, Pataphonie, formato da due lunghi inquieti e stranianti episodi strumentali a farli entrare nella Nurse With Wound list dal portone principale.

La cospirazione del burro d’arachidi

Non si può che volere bene a una band che sceglie di chiamarsi The Peanut Butter Conspiracy. Figlia minore della psichedelia californiana la band losangelina registra tre godibili album tra il 1966 e il 1970 con la piccola gemma di Turn on a Friend che apriva il loro secondo album.

Improvvisazioni per ebdomanari

Uno dei tanti misconosciuti gioielli della Nurse With Wound list. Anno 1976: il settimanale comunista Politique Hebdo organizza una festa a Lione che vede la creazione collettiva e spontanea di diciotto musicisti provenienti da quella terra di mezzo tra jazz e avanguardia. Un’unica prova, con ragione sociale Opération Rhino, tutta da ascoltare.

Lou fa il lo-fi

Il punto più alto (o meglio sarebbe dire più basso) del loro travagliato rapporto di vittima e carnefice si consumò quando il tiranno J Mascis ordinò sadicamente al povero Lou Barlow di urlare a ripetizione e fino allo sfinimento quel “Why don’t you like me?” che chiude l’album Bug, secondo e ultimo capolavoro dei Dinosaur Jr dopo You’re living all over me. I due con il batterista Murph, altra vittima del despota J, avevano ridefinito un nuovo sound chitarristico ipercinetico e dai volumi insostenibili. Scrollatosi di dosso l’ombra pesantissima del chitarrista, Lou cominciò a percorrere tra luci ed ombre la strada del lo-fi con i suoi Sebadoh.